Coltivare una passione. Farlo con dedizione, investendoci una grande parte di sé stesse.

Spendere le ore a provare e riprovare un movimento, fino a quando non si riesce a farlo alla perfezione, finché non viene naturale.

Investire le proprie energie con la speranza di vedere presto realizzati i propri sogni e le proprie ambizioni.

Allenarsi duramente per essere competitive ed affrontare le altre squadre.

Dividersi in ruoli a seconda delle proprie qualità.

Portiere. Difensore. Centrocampista. Attaccante.

Decidere chi sarà a portare la fascia da capitana, chi viene convocata ed entra in campo dal primo minuto e chi invece aspetta paziente in panchina.

E poi la realtà piomba addosso come un macigno. Sì, perché se si nasce nella Striscia di Gaza non accade tutto in maniera lineare come descritto sopra.

Succede alle squadre di calcio delle categorie maggiori, come il Khadamat Rafah, che lo scorso settembre ha visto infrangersi il sogno di qualificarsi come rappresentante della Palestina nella Champions League asiatica, in quanto alla quasi totalità dei giocatori sono stati negati i visti per andare a disputare il match decisivo contro i rivali del FC Balata a Nablus. Ma succede pure tra le categorie minori, in cui anche la più scontata delle cose diventa un problema da affrontare.

A Gaza City un team di ragazze con la passione per il calcio si è unita per formare una squadra allo YMCA. Cosa c'è di più bello di vedere un gruppo di giovani donne che, in una società conservatrice come quella della Striscia di Gaza, hanno il coraggio di rompere uno schema che si ripete da decenni per dare vita ad un nuovo progetto comune dove le donne e gli uomini sono considerati alla pari?

Per l'allenatore Emad al-Ashi: “Le ragazze sono diventate come una famiglia, c'è un forte spirito di divertimento. Nel nostro paese il calcio non è aperto alle ragazze, ma vogliamo dimostrare che non è uno sport solo per uomini.”

Rompere le barriere culturali per raggiungere i propri obiettivi e scardinare usanze ormai superate è diventato per loro una sorte di vocazione.

Purtroppo la Striscia di Gaza conta ad ora una sola squadra di calcio femminile e la possibilità di uscire per confrontarsi con altre squadre vicine, come nei territori occupati o in Egitto, sono pressoché nulle. Il blocco israeliano rende per queste giovani sognatrici i viaggi praticamente impossibili, quindi non rimane che continuare con gli allenamenti, fino a quando non potranno, un giorno, entrare in una lega di calcio per ragazze.