“Mi piacciono le cose eque, poter contare solo sulle mie forze, mi piace giocare ad armi pari. Non voglio vincere perché ho più risorse, ma perché sono più bravo. Sentirsi più bravi è molto più bello che vincere e basta.”
(Paolo Ciabattini)

Ho ritenuto giusto iniziare con questa frase siccome in modo sintetico rappresenta la “mission” del Fair Play Finanziario, di questa normativa UEFA i non addetti ai lavori, per intenderci, i tifosi e la gente che ama e segue il calcio, credo che ancora non abbia un'idea ben chiara di cosa sia, di perché sia nata e quali sono gli aspetti della gestione economica-finanziaria ed organizzativa di un club che vengono modificati e regolamentati da essa. I ”nemici” del Fair Play Finanziario sono tanti, ma soprattutto sono i più ricchi, infatti con l'introduzione della nuova normativa non basterà più possedere ingenti quantità di denaro, ma bisognerà essere capaci d'investire bene i propri soldi e di gestire in modo oculato i club, che a tutti gli effetti sono delle aziende e come tali necessitano di avere un equilibrio economico-finanziario.

 

 

IL FAIR PLAY E LE SQUADRE ITALIANE:

La situazione italiana, come quella europea, non è delle migliori, sono pochi i club che annualmente chiudono il bilancio non in perdita, tra questi il Napoli e la Fiorentina, società che in passato hanno pagato sulla loro pelle la cattiva gestione che le ha portate ad inevitabili fallimenti, per poi “rinascere dalle loro ceneri”. Altro dato preoccupante sulla salute del nostro calcio è quello che riguarda il numero di società che abitualmente vanno a bussare alla porta di svariati istituti di credito, sempre fatta eccezione per Napoli e Fiorentina, tutti gli altri club si fanno anticipare i futuri ricavi provenienti dai diritti tv e dagli sponsor. Queste operazioni prendono il nome di factoring e pur essendo del tutto legali, stanno ad evidenziare un certo squilibrio economico, della serie spendo più di quello che posso permettermi.

Tra i club che hanno intrapreso la strada della redenzione troviamo anche:

  • la Lazio di Lotito, squadra letteralmente salvata per i capelli, che qualche anno fa presentava una situazione disastrosa frutto della gestione Cragnotti;

  • la Juventus, Il club di Torino si è contraddistinto per la realizzazione del primo stadio di proprietà che ha comportato un forte aumento dei ricavi nel giorno della partita, anche detti match day revenue, i quali stanno di volta in volta colmando le perdite accumulate negli anni passati.

Più attardate sulla tabella di marcia troviamo la Roma, l'Inter e il Milan, per quel che riguarda il club capitolino la nuova gestione americana sta dando i suoi frutti nonostante gli errori commessi e i debiti accumulati in passato, che avevano visto addirittura la “Magica” diventare proprietà di UniCredit siccome quest'ultima vantava ingenti crediti nei confronti del club. Le due squadre milanesi dal canto loro per rientrare dal passivo gestionale delle ultime stagioni, hanno dato il via ad una serie di cessioni illustri, vedi Zlatan Ibrahimovic, Thiago Silva, Thiago Motta, Samuel Eto'o, ecc, non andando però a sostituire questi giocatori con altri di ugual livello.

La situazione precaria dei club italiani è figlia della lenta crescita del nostro calcio in confronto a quello europeo, una delle cause è l'inadeguatezza degli stadi e la loro non proprietà da parte delle società sportive.

 

 

LA SITUAZIONE EUROPEA:

Anche in ambito europeo le cose non vanno molto meglio, fa eccezione la Bundesliga che può essere considerata, sotto un punto di vista economico ed organizzativo, il modello da seguire, infatti un club su otto è stato considerato dalla società di revisione che ne certifica il bilancio a rischio in termini di capacità e intenzione di continuare l'attività per almeno altri 12 mesi. La percentuale dei club che possiedono gli stadi di proprietà è rimasta il 19%, gli spettatori sono diminuiti di 3 milioni di unità, le passività sono aumentate, le società vivono spesso oltre le loro possibilità e una parte cospicua dei debiti è oltre i 12 mesi. Per capirci i club schierano regolarmente giocatori che verranno pagati in buona parte nei due o perfino tre anni successivi, il trend è quello di spendere in modo smisurato in stipendi e diritti alle prestazioni dei calciatori nella speranza di ottenere successi sportivi a tutti i costi, che garantiscano ricavi maggiori, purtroppo non ci si ricorda che in una stagione soltanto poche squadre riescono nell'impresa di vincere.

Come conseguenza di questa diffusa e cattiva gestione economica-finanziaria di quasi tutti i club d'Europa è “nata” la normativa del Fair Play Finanziario, più nello specifico, le gocce che hanno fatto traboccare il vaso sono state due, la finale di Champions League “Manchester United vs Chelsea” del 2008 e la cessione di Cristiano Ronaldo nel 2009 che passa dal Manchester United al Real Madrid. Per quel che riguarda la finale di Champions, quello che molti non sanno è che le due squadre in campo totalizzavano debiti complessivi pari a quasi 2 miliardi di euro, invece per quel che riguarda la cessione di Ronaldo, quest'ultima è avvenuta alla modica cifra di 94 milioni di euro e oltre ad essere una scelta dispendiosa, simboleggia lo strapotere delle grandi società rispetto a una concorrenza economicamente più limitata. Quindi nel settembre 2009 il Comitato Esecutivo UEFA introduce la famigerata normativa, presentandola come uno degli 11 valori che questa federazione promuove, la quale ha il fine di tutelare la salute del calcio, la sua continuità e la sua fattibilità economica di lungo termine. Lo scopo è di garantire competizioni leali, un certo rigore finanziario e stimolare gli investimenti in infrastrutture e nel settore giovanile, ma per ottenere ciò sarà necessario diminuire drasticamente le spese in eccesso e ridurre gli stipendi che rappresentano più della metà dei costi affrontati dalle società, facendo ciò diminuirà il gap tra i grandi e i piccoli club. A vigilare sul rispetto e sulla corretta applicazione della normativa da parte delle federazioni affiliate alla UEFA e da parte dei club qualificati alle competizioni europee è stato istituito un organo di controllo finanziario indipendente, il “Club Financial Control Panel”, il quale è presieduto dall'ex primo ministro belga Jean–Luc Dehen ed è composto da esperti giuridici e finanziari totalmente indipendenti dalle federazioni internazionali. Il processo di monitoraggio relativo alla normativa del Fair Play Finanziario inizia con l'invio da parte delle federazioni nazionali alla UEFA della lista delle squadre che si sono qualificate alle competizioni europee e che hanno ottenuto la licenza UEFA e finisce alla fine della stagione sportiva. I criteri che i club, una volta ottenuta la licenza UEFA, devono rispettare per allinearsi alla normativa del Fair Play Finanziario, sono due e più precisamente sono il pareggio di bilancio e l'assenza di debiti scaduti, verso altri club, verso i dipendenti, il fisco e verso gli enti previdenziali.

Per quel che concerne il pareggio di bilancio, i costi non devono superare la massima deviazione consentita, a tal fine i ricavi (income) e i costi (costs) sono stati suddivisi in rilevanti (relevant) e non rilevanti (no relevant), ad esempio non sono considerati relevant costs i costi d'acquisto degli under 18, i loro stipendi e tutti i costi per infrastrutture, stadi, centri sportivi, ecc.

Come detto prima nemmeno tutti i componenti positivi di reddito vengono considerati rilevanti ai fini del calcolo del pareggio di bilancio, più precisamente sono presi in considerazione solo quelli che si riferiscono alla gestione caratteristica del club, come ad esempio i ricavi commerciali, i ricavi da botteghino, i ricavi da sponsor/pubblicità, i ricavi da cessioni di diritti televisivi, le plusvalenze da cessione dei giocatori/immobilizzazioni materiali e i proventi finanziari. Soprattutto particolare attenzione viene posta ai ricavi che derivano da operazioni con parti correlate effettuate a un valore superiore al fair value (valore di mercato), per intenderci se la Fiat fosse il main sponsor della Juventus e le concedesse una sponsorizzazione non in linea con le altre presenti sul mercato, il valore della sponsorizzazione non verrebbe del tutto considerato.

Fino ad oggi sono stati esaminati due possibili casi di “related party”, cioè operazioni tra parti correlate, il primo caso si riferisce alla faraonica sponsorizzazione concessa da Etihad Airways al Manchester City per far comparire il brand della compagnia aerea sulle maglie dei Citizens e per acquistare il naming dello stadio, in questo primo caso ad insospettire la UEFA è stata la vicinanza tra lo sponsor e il proprietario del City, lo sceicco Mansour. Il secondo caso, molto più recente si riferisce al PSG e al contratto “innovativo” stipulato con l'ufficio turistico del Qatar, ciò che desta sospetti è che anche il club parigino è di proprietà di uno sceicco.

Infine per quel che riguarda le donazioni ed estinzioni di passività a nome del club ad opera di un privato o di una società correlata, non verranno considerate pertinenti, nel calcolo del pareggio, ma potranno essere utilizzate per coprire i costi no relevant (infrastrutture, giovani under 18), grazie a ciò mecenati e proprietari facoltosi, continueranno ad avere un certo peso.

Invece nel caso in cui si attueranno operazioni con terze parti a un fair value (valore di mercato) inferiore, verrà aggiunta la parte di costo mancante.

Il requisito del pareggio di bilancio è valutato durante un lasso di tempo ben determinato chiamato periodo di monitoraggio il quale è composto da tre periodi di riferimento:

  • Periodo di riferimento T;

  • Periodo di riferimento T-1;

  • Periodo di riferimento T-2.

Ad ogni periodo di riferimento corrisponde un esercizio contabile e per ogni Monitoring Period (periodo di monitoraggio) si ha una massima perdita aggregata, che per i primi due periodi sarà di 45 milioni per i successivi tre periodi sarà di 30 milioni e dopo di che sarà inferiore ai 30 milioni, ma di quanto non è stato ancora deciso dalla UEFA.

I controlli sui bilanci relativi al biennio 2012-13, si sono svolti proprio a fine di quest'ultimo anno e per il maggio di quest'anno (2014) dovrebbero essere decise le sanzioni che verranno applicate per la prima volta alle competizioni europee che avranno inizio la prossima stagione (2014-15). Ma Platini ha annunciato che non vi saranno esclusioni dalle coppe per i club che non rispettano il Fair Play Finanziario e chi si aspettava lacrime e sangue verrà deluso. Come mai queste dichiarazioni? Forse perché tra i possibili club ad entrare nella lista nera del Fair Play Finanziario c'è il PSG? Dichiarazioni che rimangono di difficile interpretazione anche perché il Malaga, l'Hajduk Spalato, l'Osijek, il Rapid Bucarest, il Dinamo Bucarest e il Partizan Belgrado sono state escluse dalle coppe europee 2013 per non aver pagato gli stipendi arretrati ai giocatori o per non aver saldato in tempo le pendenze fiscali o per non aver fatto entrambe le cose. Tra l'altro verranno tenuti sotto controllo anche i club che presentano un costo del personale superiore al 70% del fatturato e quelli che presentano un indebitamento finanziario netto superiore al fatturato, molte società calcistiche europee presentano queste “caratteristiche”.

Passando al secondo requisito cardine, cioè l'assenza di debiti scaduti, quest'ultimo viene rispettato nel caso in cui al 30 giugno dell'anno in cui ha luogo la competizione sportiva a cui si riferisce la licenza i club non possono avere debiti scaduti verso altre società di calcio, in riferimento al mercato effettuato fino al 30 giugno stesso. Inoltre non devono avere pendenze scadute, precedentemente sorte, sempre al 30 giugno dell'anno in cui ha inizio la competizione UEFA e a cui si riferisce la licenza, nemmeno verso impiegati, fisco e previdenza, se così non è i suddetti arretrati vengono monitorati e verificati alla fine del mese di settembre successivo.

Leggendo la normativa non può non saltare agli occhi una clausola al punto 2 dell'allegato XI che è da tenere in considerazione siccome ha concesso ai club che non sono riusciti a contenere le perdite aggregate relative ai primi due periodi di monitoraggio all'interno della massima deviazione consentita, pari a 45 milioni, di non essere sanzionati se:

  1. I dati di bilancio se pur in perdita evidenzino un trend positivo;

  2. La perdita aggregata e solamente dovuta alla perdita evidenziata nell'esercizio 2011-12, che era il primo esercizio del primo periodo di monitoraggio e se tale perdita dipende dai costi degli stipendi dei giocatori i cui contratti sono stati conclusi prima del giugno 2010 vi rendete conto da soli che nella stagione 2011-12, i contratti conclusi prima del giugno 2010, rappresentavano una grossa fetta.

Questa clausola ha tutta l'area di essere un tentativo di andare incontro a tutti quei club che avevano una certa difficoltà o erano un po recalcitranti ad allinearsi alla normativa del Fair Play Finanziario.

Nei prossimi giorni verranno esaminati i conti di tutte le società europee e quindi sapremo come e se verranno sanzionate le squadre di cui sopra già scritto che rischiano anche l'eliminazione dalle coppe come già successo lo scorso anno.