“Dobbiamo dire che queste sono state Olimpiadi “social””, questo il commento del cronista ed ex – pallavolista della nazionale italiana Andrea Lucchetta, al termine della telecronaca della finale di volley valida per la medaglia d’oro tra Brasile ed Italia, vinta dai padroni di casa. Non gli si è potuto dare torto: a Rio 2016 si sono registrati un numero di episodi, circostanze e situazioni che hanno coinvolto gli atleti in gara, capaci di toccare alcuni temi dell’attualità legati a questioni sociali.

Ma non sono mancate contraddizioni, tra le luci ed i messaggi positivi della kermesse e la realtà dei fatti. Le olimpiadi sono iniziate subito con un messaggio importante: a sfilare tra le nazioni del torneo di apertura c’è stata la nazionale dei rifugiati, voluta, finanziata e selezionata dal Comitato Olimpico Internazionale, per mandare un messaggio di speranza alla luce dell’alto numero di rifugiati esistente al mondo, che secondo l’UNHCR ha raggiunto la cifra di 21 milioni circa. Congo, Siria, Sudan, questi i paesi di provenienza degli atleti. Ha colpito molto la storia di Yusra Mardini, nuotatrice siriana che nell’agosto di un anno fa, 2015, in fuga dalla guerra civile con altri rifugiati, insieme alla sorella ed un’altra persona, è scesa in acqua a spingere per quattro ore a nuoto nel mare Egeo una barca in difficoltà con a bordo altri rifugiati. Un messaggio molto importante dunque, che si spera possa arrivare alle popolazioni del mondo in diretta televisiva ed ai governi istituzionali che, come nel caso della “Fortezza Europa”, con le loro politiche, non favoriscono la libertà di spostamento per i rifugiati. Insomma, la speranza è che si possano supportare e si esprima solidarietà con i rifugiati non solo quando sono campioni olimpionici. Per quanto riguarda la nazione ospitante delle Olimpiadi, fari accesi sulla vittoria della medaglia d’oro, la prima per il Brasile, conquistata da Rafaela Silva nel Judo. I media hanno subito sottolineato la provenienza e la storia da “favola” della judoka, proveniente da una favela di Rio chiamata Cidade de Reus, ed ora campionessa.

Veramente troppo poco come forma di riscatto per gli strati più poveri della popolazione brasiliana, in un paese dove sui pannelli anti – acustici presso l’autostrada che collega l’aereoporto internazionale di Rio alla città, in vista delle Olimpiadi, sono stati messi degli striscioni pubblicitari per nascondere la vista della favela più grande di Rio, Manè. Ma soprattutto, osannare l’oro olimpico di Rafaela come forma di riscatto dal basso, ha ancora meno senso se si pensa che già nello scorso mese di ottobre il Comitato ONU per i diritti dell’infanzia ha denunciato come la polizia brasiliana abbia deliberatamente e barbaramente ucciso bambini ed adolescenti per “ripulire” le strade di Rio per le olimpiadi, ed anche ad aprile, a 100 giorni dalle olimpiadi, Amnesty International denunciava la violenza spropositata delle forze dell’ordine e l’uccisione di giovani brasiliani nelle favelas. Se nelle strade delle aree marginali di Rio il clima è stato incandescente, non tira una buona aria neanche nei palazzi del governo brasiliano. Il golpe istituzionale neo – liberista che ha destituito Dilma Rousseff ed ha portato in carica il presidente Michel Temer, sembra non gradire a parte della popolazione brasiliana: migliaia di brasiliani hanno commentato con otto secondi di fischi ed urla contrariate la breve apparizione del presidente ad interim Temer in apertura dei Giochi olimpici. Come i tanti brasiliani che hanno fischiato, allo stesso modo ha pensato Alejanda Benitez, schermista venezuelana che alla cerimonia di apertura dei Giochi non ha salutato il presidente ad interim Temer affermando: «Sono una donna, sono una militante politica e sono di sinistra, appoggio la democrazia e la giustizia, non stringo la mano a un golpista». A proposito di Judo, in molti sono stati contrariati dalla scelta del judoka egiziano Islam El Shehab di non stringere la mano al suo avversario israeliano Or Sasson negli ottavi di finale categoria 100 chilogrammi, dopo essere stato sconfitto. Queste persone che sono state scosse dal mancato saluto, cosa ne pensano dei 56 raid aerei e più di 70 bombe sganciate da parte dell’aviazione israeliana nell’area nord della Striscia di Gaza nella sera di domenica 21 agosto?

Per non parlare della delegazione di atleti della Palestina, che ha denunciato poco prima dell’inizio dei giochi di essere stata trattenuta alla dogana dalle forze dell’ordine israeliane che gli ha trattenuto divise e persino la bandiera del loro paese, tant’è che il capo delegazione Ghayda Abu Zayyad ha rivolto un appello al Cio affermando: “Abbiamo solo un paio di magliette a testa per allenarci e l’uniforme da podio, nient’altro. Se le cose non cambiano saremo costretti a cucirci da soli una bandiera per la cerimonia d’apertura e a compraci divise improvvisate”. Se c’è una vicenda che non è stata raccontata come avrebbe dovuto essere, è stata quella di Simon Manuel, nuotatrice nera statunitense che a Rio ha vinto l’oro nei 100 metri stile libero e nella 4x100 metri misti, insieme all’argento nei 50 metri stile libero e nella 4x100 metri stile libero. Dopo aver vinto le sue medaglie, come ha riportato il giornale inglese “The Indipendent”, ha dichiarato: "Appena arrivata nella gara oggi, ho cercato in qualche modo di portare il peso della comunità afro – Americana sulle mie spalle, che è qualcosa che voglio portare con me giusto perchè sto nella mia posizione. Il titolo di “nuotatrice nera” sembra voler dire che non sarei capace nel vincere una medaglia d’oro o battere record. E questo non è vero. La mia medaglia significa molto, specialmente per come vanno le cose oggi nel mondo, considerando alcune questioni come la brutalità della polizia”.

E’ evidente il riferimento agli omicidi perpetuate nei confronti delle persone afro – americane negli Stati Uniti. Certo, ci ricorderemo di questa olimpiade anche per il bacio tra donne di Isadora e Marjorie: la prima, volontaria alle olimpiadi di Rio, appena conclusa la finale di rugby a sette tra Australia e Nuova Zelanda, ha preso il microfono in mano davanti a tutti ed ha chiesto a Majorie, atleta della nazionale di rugby brasiliana, di sposarla, ottenendo un si come risposta ed un bacio immortalato dalle telecamere di tutto il pianeta.

Infine, un’ importante notizia a sfondo sociale è quella registrata nell’ ultime giornata di competizione olimpica: l’atleta etiope Feyisa Lilesa nella maratona di 42 chilometri, arrivato secondo al rush finale della gara, al traguardo ha incrociato le braccia nel segno ad X, gesto che ha replicato anche durante la cerimonia di premiazione, per denunciare il governo dell’Etiopia che sta uccidendo molti membri della minoranza etnica degli Oromo. "I miei parenti sono in prigione e se si mettono a parlare di diritti democratici verranno ammazzati" - ha affermato l'atleta etiope - "Se torno in patria, rischio la vita. E se non vengo ucciso, potrei finire in prigione. Non ho ancora deciso cosa fare, ma forse andrò direttamente in un altro Paese". Secondo un articolo pubblicato sul “Manifesto” dello scorso 9 agosto, la polizia del governo etiope avrebbe ucciso tra il 6 ed il 7 agosto circa 100 contadini Oromo, durante alcune proteste anti – governative. «Le forze di sicurezza etiopi hanno sistematicamente fatto ricorso a un uso eccessivo della forza nei loro errati tentativi di mettere a tacere le voci di dissenso», ha affermato Michelle Kagari, vice direttore regionale di Amnesty per l’Africa Orientale, il Corno d’Africa e la regione dei Grandi Laghi. Centinaia gli arresti. I motivi della protesta risiedono nelle politiche di industrializzazione selvaggia, di costrizione all’urbanizzazione, di deforestazione che colpiscono il gruppo etnico degli Oromo, che vive in zone rurale composte da villaggi distanti dalle grandi città.