Era la fine dello scorso agosto, e nelle testate di tutto il mondo si diffondeva la notizia di un giocatore della NFL americana, tale Colin Kapernick, quarterback dei San Francisco 49ers, aveva deciso di rimanere seduto durante l’esecuzione dell’inno statunitense prima di disputare il suo match, in segno di protesta contro le violenze delle forze dell’ordine contro i neri negli USA ed il razzismo nel paese: “Non mi alzo per mostrare orgoglio verso la bandiera di un paese che opprime i neri” ha affermato la stella del football americano.

 

E la sua protesta è continuata nei match succesivi, attuata però in modo particolare, cioè stando inginocchiato, piegato su un ginocchio mentre risuonano le note dell’inno nazionale. Una presa di posizione plateale che ha sortito un effetto considerevole nei riguardi degli sportivi delle altre squadre di football della NFL. Nella seconda settimana di settembre, i giornali online d’oltreoceano mostravando le foto di tutti i giocatori di football che avevano deciso di intraprendere forme di protesta durante l’inno americano in contestazione contro le violenze delle forze dell’ordine, tristemente famose negli ultimi anni per omicidi eclatanti contro cittadini afro – americani, un fenomeno contro cui si è rivolto il movimento di protesta Black Lives Matter. E così, prima di scendere in campo anche Linebacker Brandon Marshall dei Denver Broncos, affermando di essere “contro le ingiustizie sociali”, si è piegato su un ginocchio durante l’inno americano prima di un match, seguito allo stesso modo da Arian Foster, Kenny Stills, Michael Thomas, Jelani Jenkins dei Miami Dolphins; pugno alzato durante l’inno per Jurrell Casey, Jason McCourty, e Wesley Woodyard dei Tennessee Titans mentre risuonavano le note del nationa anthem, così come ha fatto Marcus Peters dei Kansas City Chiefs e Robert Quinn e Kenny Britt dei Los Angeles Rams; eclatante la protesta dell’intera squadra dei Seattle Seahawks: prima della partita domenicale, durante l’inno, i 53 componenti del team si sono stretti tra di loro con le braccia. "Il cambiamento è inevitabile. Il cambiamento accade sempre. Ma bisogna applicare la direzione del cambiamento, e questo avviene quando si tratta di progresso. E così in questo momento quello che stiamo facendo come squadra, abbiamo una direzione da seguire", ha detto il giocatore Doug Baldwin dei Seahawks. La protesta diffusasi a macchia d’olio durante singoli match della NFL nel mese di settembre ha colpito nel segno media ed opinione pubblica americana. E la questione delle violenze sulla popolazione afroamericana tiene ancora dolorosamente banco, se si considerano i fatti di Charlotte dello scorso mercoledì 21 settembre quando per l’ennesima volta la polizia ha ucciso un nero, scatenando le proteste della popolazione locale. E’ proprio di oggi la notizia, che alcuni manifestanti a Charlotte hanno emulato l’ormai celebre gesto di Kapernick, mettendosi sulle ginocchia in segno di protesta.

E la protesta nel mondo sportivo, ha travalicato l’ambito del football: nel soccer femminile ad esempio, la star Megan Rapinoe, centrocampista della plurititolata nazionale statunitense e dei Seattle Reign, nei primi giorni di settembre, prima di un match con la sua squadra, ha deciso di piegarsi su un ginocchio in solidarietà con la protesta di Kaepernick. Megan Rapinoe, ha affermato: “ "Essendo una lesbica americana , so cosa vuol dire guardare la bandiera e non vedere protette tutte le tue libertà. E 'importante che i bianchi stiano a sostegno della gente di colore". E mercoledì 21 settembre, nella WNBA, l’intero team di basket femminile delle Indiana Fever, ha deciso di mettersi in ginocchio durante l’esecuzione dell’inno americano prima della finale play off.