foto tratta da: Il Post

di Davide Drago

Come spesso accade in Italia, ha vinto lo scontro per accaparrasi le poltrone e non quello che sarebbe dovuto essere il nodo centrale della votazione, ossia il bene del calcio. Con tre candidati e nessuna collaborazione tra di essi, il commissariamento era quasi inevitabile. Se ne era già parlato dopo la sconfitta dell'Italia con la Svezia e, qualche giorno fa, il presidente del comitato olimpico nazionale (CONI) Malagò l'aveva paventato come unica soluzione possibile. Il giorno prima delle elezioni il presidente del CONI aveva presentato ai tre candidati una lettera nella quale richiamava la Federcalcio ad adeguare lo statuto della Lega di Serie A in base ai principi informatori approvati dal Consiglio Federale del 26 ottobre.

Ieri, dopo una lunga giornata di votazioni e di presunte trattative, il quarto scrutinio delle elezioni si è concluso con un nulla di fatto. Gabriele Gravina, che a inizio votazioni sembrava essere il più papabile dei tre, è rimasto invece da solo, circondato dalle schede bianche dell'Associazione Italiana Calciatori (AIC) e della Lega Nazionale Dilettanti (LND), fermandosi di fatto al 39.06% delle preferenze, contro il 59.09% delle schede bianche.

Come detto, la mattinata era cominciata con la sensazione che Gravina fosse in vantaggio sui concorrenti; Ulivieri, a sorpresa, dichiarava infatti di non sostenere Tommasi e anche il discorso di Nicchi lasciava intendere che il due per cento degli arbitri fosse con il leader della Lega Pro. Da sottolineare anche, in mezzo a tutto questo, che la giornata era iniziata con un'assurda e ingiustificata standing ovation per il Presidente uscente Carlo Tavecchio.

Nei tre discorsi dei candidati, il più polemico è risultato essere Sibilia, le cui parole hanno lasciato trapelare un nervosismo tipico di chi vede allontanarsi il traguardo. Centro delle critiche sollevate dal vicepresidente della FIGC è stato Ulivieri, il quale, a suo dire “non può certo dare lezioni di coerenza”. Il consiglio direttivo della Lega Nazionale dilettanti, su proposta dello stesso Sibilia, aveva precedentemente fatto un passo indietro riconoscendo a Gravina la presidenza della Figc. In ultimo un Tommasi che spiazzato dalle prospettive che andavano delineandosi, pur rilanciando sulla necessità di riforma dei campionati e di abbattimento contrattuale per i calciatori in caso di retrocessione, decideva di gettare la spugna al termine del terzo scrutinio.

E così, al termine di una giornata improduttiva, il vero vincitore della giornata è risultato essere quel Giovanni Malagò che aveva caldeggiato la strada commissariale per evitare lo scenario di un calcio impotente di fronte alle sue divisioni, incapace di costruire un nuovo cammino dopo la clamorosa eliminazione mondiale. A questo proposito è stata quindi convocata per giovedì la giunta Coni che, come da statuto, dovrà scegliere il commissario e la durata del suo mandato.

Finisce dunque con un nulla di fatto, in un clima generale in cui l’unica preoccupazione è sembrata quella di dare la colpa agli altri. La Lega Pro se la prende con i calciatori, Sibilia è furibondo con Gravina e Tommasi, dopo essersi illuso per una notte di poter riportare “il calcio ai calciatori”, si è svegliato al mattino con l’ennesima pugnalata alle spalle da parte del compagno Ulivieri.

E intanto, politicamente parlando, il calcio italiano tocca il punto più basso della sua storia che sul campo era già stato raggiunto con la mancata qualificazione ai mondiali, disfatta che avrebbe dovuto dare il là a un movimento di rinnovamento. È successo invece che al termine di una campagna elettorale passata a discutere solo di poltrone, i tre candidati non sono riusciti a trovare la quadra e il commissariamento è sembrato, paradossalmente, il male minore.

Rimane ora da capire qual è il piano di Malagò. Secondo il numero uno del CONI, la mancata elezioneci ha risparmiato l’inciucio e la possibilità che i protagonisti potranno mettere parola nella ricostruzione di un sistema dilaniato sul campo e travolto nelle istituzioni: commissariata la Federcalcio, commissariata la Lega. I prossimi mesi e chissà, forse anche un anno, ci faranno capire in quali mani andrà l'azienda calcio italiano. Una cosa è certa, il mondo del calcio è ancora una volta lo specchio della nostra società.

In conclusione, la percezione che rimane di queste elezioni è per l’ennesima volta quella di un'occasione persa. Interessi e rancori personali continuano a tenere in scacco un movimento ormai allo sbando, che anno dopo anno dimostra di non essere in grado di fornire una visione di insieme che risulti essere coerente con le problematiche che ogni giorno migliaia di ragazzi, ragazze e società, incontrano sui campi di tutta Italia.