Nessuna delle squadre africane che ha partecipato nell’attuale mondiale di Russia 2018 (Egitto, Tunisia, Marocco, Nigeria, Senegal) si è qualificata per la fase finale dei mondiali. Non accadeva dal 1986, da quando il mondiale di calcio ha preso la forma attuale, cioè quella divisa in una prima fase di gironi ed una successiva di scontri ad eliminazione diretta.

Il mondiale di Messico 1986 è anche il primo anno in cui una squadra africana supera la prima fase del mondiale: a compiere l’impresa fu la nazionale del Marocco. Quattro anni dopo, ad Italia 90, il Camerun di Roger Milla, capitano 38enne, raggiunse i quarti di finale, traguardo massimo ed ancora non superato oggi da una squadra africana nella kermesse mondiale. Dai mondiali del 1994 fino al mondiale 1998, la nazionale più rappresentativa africana fu sicuramente la Nigeria (ad oggi quella che ha partecipato al maggior numero di mondiali). Ad Usa 94 agli ottavi di finale però non si passa contro l’Italia di Roby Baggio. Prima di arrivare al 1998, c’è uno step non da poco da menzionare: la Nigeria conquista l’oro olimpionico ad Atlanta 1996, battendo in finale i campioni del mondo del Brasile, diventando la prima squadra non europea a vincere un oro olimpionico. Ma al mondiale di Francia 98 le “super aquile” si fermano contro la Danimarca agli ottavi. E’ il 2002, siamo a Corea – Giappone, I “Leoni della Teranga” del Senegal eguagliano il Camerun nel raggiungimento dei quarti di finale come miglior risultato di una squadra africana ai mondiali, fermati solo dalla Turchia (che poi arriverà terza al mondiale). A Germania 2006 è il Ghana la squadra africana che raggiunge maggiore visibilità: verrà battuta 2 – 0 dai futuri campioni del mondo dell’Italia nella partita iniziale, e poi mollerà gli ormeggi agli ottavi contro il Brasile. Ma “le stelle nere” del Ghana si presenteranno al mondiale sudafricano di quattro anni dopo molto più agguerrite: è record anche per loro che si fermeranno ai quarti di finale di Sudafrica 2010 fermate ai calci di rigore dall’Uruaguay. A Brasile 2014 l’Algeria ben figurerà agli ottavi di finale contro i futuri campioni del mondo della Germania, perdendo per 2 – 1 dopo un match non scontatissimo.

I segnali di carattere più tecnico - sportivi di una possibile brutta figura delle squadre africane a questo ultimo mondiale sembravano essere stati profetizzati dall’articolo di Fabrizio Gabrielli sul giornale online di calcio “Ultimo Uomo”, in un pezzo del 9 febbraio del 2017 dal titolo: “Come sta il Calcio Africano”. E dal sottotitolo: “La Coppa d’Africa ha mostrato un’arretratezza sa cui sembra difficile uscire”. Si parla di un calcio molto improntato al difensivismo dove la tecnica è veramente risicata. Gabrielli riporta anche una parte dell’intervista di Jonathan Wilson ad Avram Grant, tecnico israeliano del Ghana che racconta: «Ho fatto alcuni incontri con gli allenatori locali in Ghana, e le domande erano pure buone domande. Ma potevi vedere che c’era una grande inesperienza, e questo dipende dalla mancanza di esposizione al mondo». Quindi se è vero che in Europa i talenti provenienti dal continente nero riescono a sgrezzarsi e diventare delle stelle, il “genius loci” del calcio africano fatica ancora ad emergere.

Ma il contesto entro cui si sviluppa l’idea di calcio africana svolge un ruolo non indifferente, e le dinamiche dei “grandi eventi” guidati dalla logica del profitto di certo non aiutano a nessun tipo di crescita complessiva della società e del calcio africano. Nel giugno del 2014, a quattro anni dalla fine dei mondiali di calcio tenuti proprio in Africa, il giornalista T.O. Molefe del New York Times scriveva alcune considerazioni sull’eredità della kermesse mondiale. Tra queste: si stima che la FIFA abbia guadagnato circa 3 miliardi di dollari dai Mondiali in Sudafrica, ma di questi soldi solo una piccola parte è stata data al Sudafrica. La FIFA, ha scritto: «usa l’universale amore per il calcio e per la Coppa del Mondo per convincere le persone e i loro governi a firmare accordi le cui linee guida sono: i guadagni alla FIFA, al paese ospite i costi». Ed ancora: “«Il nuovo stadio di Città del Capo simboleggia il peggio dell’eredità lasciata dalla FIFA. È una superflua megastruttura, non voluta dai ricchi residenti della zona e troppo lontana dai quartieri più poveri, dove vive la gran parte dei tifosi di calcio. Lo stadio, il cui mantenimento è costato 32 milioni di dollari dal 2010, è anche diventato un peso piuttosto consistente per il bilancio pubblico». Ci sarebbe poi da interrogarsi come ha fatto Matteo Luciani sul sito “Iogiocopulito”, in un articolo pubblicato lo scorso anno dal titolo “Stragi allo stadio, Africa: i morti dimenticati”, dove spiega che se è vero che la Confederazione di Futebol Africana (CAF) riceve attualmente circa 35 milioni di euro all’anno grazie al recente accordo di sponsorizzazione stipulato con le multinazionali occidentali Total, Orange e Gruppo Lagardère, dove vanno a finire tutti questi soldi? Verrano investiti ad esempio nel potenziare le infrastrutture presenti nel continente nero?

Altra questione di non minore impatto è stata affrontata da Luca Pisapia in un articolo del 2012 pubblicato sul “Fatto Quotidiano” dal titolo “Giovani calciatori africani strappati alle famiglie: la nuova tratta degli schiavi”. Problema, che come afferma anche oggi Pisapia, è presente tutt’ora, e si capisce come possa anche essere un impedimento per la crescita del calcio africano. Sarebbero decine di migliaia i calciatori che dall’Africa vengono adescati da falsi procuratori che poi finiscono nei paesi occidentali senza alcun tipo di occupazione o futuro, ingannati dalla falsa promessa di diventare stelle del calcio. In Africa, anche nel calcio, logica del profitto ed espoliazione giocano un ruolo non indifferente per far andare storto le cose.