di Davide Drago

Siamo agli sgoccioli di questi mondiali, i riflettori stanno per accendersi sulla semifinale che verrà disputata tra Croazia ed Inghilterra. I biancorossi dopo essere stati i migliori della fase a gironi, sembrano aver perso quella freschezza e quello sprint di qualche giorno fa; Infatti sono l'unica squadra delle quattro a essere arrivate in semifinale vincendo per due volte ai rigori.

Oltre alla normale stanchezza fisica, per aver giocato due partire da 120 minuti, a destare preoccupazione sono i problemi interni all’organico croato e le polemiche che hanno investito alcuni giocatori e accompagnatori. Dopo l’allontanamento, ad inizio mondiale, di Nikola Kalinic per non essere voluto entrare in campo gli ultimi minuti della partita contro la Nigeria, un’altra grana è arrivata nello staff della squadra croata. Tutto è partito dalla vittoria di sabato scorso ai rigori contro la Russia. Alla fine della partita il difensore della nazionale croata Domagoj Vida ha esultato sui social postando un video in cui ha esclamato la frase "Gloria all'Ucraina". Nel video postato su Facebook si vedeva il difensore croato insieme a Ognjen Vukojevic, ex nazionale e ora membro dello staff della squadra allenata da Zlatko Dalic. I due hanno esclamato: "Gloria all'Ucraina. Questa vittoria è per la Dinamo e per l'Ucraina... Vai Croazia!". Quanto fatto da Vida non è piaciuto ad alcuni media russi e a molti utenti dei social, che hanno segnalato l'accaduto. Da qui l'apertura dell'inchiesta da parte della FIFA. Per l’autore del temporaneo due a uno della Croazia sulla Russia ci si aspettava una squalifica, invece alla fine è stato solamente redarguito e gli è stata inflitta una multa, un po' come già successo qualche settimana fa agli svizzeri Xhaka e Shaqiri che, dopo avere segnato un gol ai "rivali" serbi, mimarono le ali dell'aquila della Grande Albania. Non è andata meglio all’ex compagno di squadra ai tempi della Dinamo Kiev Ognen Vukojevic, infatti quest’ultimo, uomo chiave dello staff tecnico del ct Zlatko Dalić, è stato allontanato.

L'associazione calcistica croata (HNS) ha annunciato che Vukojevic è stato "sollevato dalle sue funzioni" e "non è più un membro della delegazione croata ai Mondiali". La FIFA ha successivamente annunciato di aver multato Vukojevic di 15.000 dollari con una ammonizione per comportamento antisportivo.

La frase incriminata “Slava Ukraini” (Gloria all’Ucraina) è uno slogan utilizzato dagli ucraini in chiave anti-russa durante la guerra del Donbass nel 2014 contro l’annessione della Crimea. Vida ha fatto marcia indietro e ha dichiarato: «Rispetto la nazione russa. Era soltanto un gioco per i miei amici ucraini. Il calcio è fuori dalla politica. Non volevo dire nulla di male».

Vida avrà pure riallineato il tiro della proprie affermazioni, ma quello che emerge chiaramente è che, ancora una volta, calcio e politica vanno a braccetto. Dopo la partita con tra Croazia e Russia tanti politici “sentito la neccessità” di esprimere pubblicamente per quale squadra hanno fatto il tifo. Il presidente serbo Aleksandar Vucic ha detto apertamente di aver tifato Russia, mentre la presidentessa croata Kolinda Grabar-Kitarovic ha dato spettacolo allo stadio di San Pietroburgo, vestita con la maglia biancorossa, dandosi a pazzi festeggiamenti con la squadra nel dopo partita. Vladimir Djujanovic, membro del partito di centro destra al governo in Serbia, ha attaccato il tennista Novak Djokovic, che nei giorni scorsi da Winbedlon aveva espersso la sua simpatia per la squadra croata, con un tweet molto duro in cui ha scritto che soltanto gli idioti possono sostenere la Croazia. Come ha scritto Dario Brentin, ricercatore dell’Università di Graz, la tesi del primo presidente croato, Franjo Tudjman, era chiara: «Lo sport, dopo la guerra, è ciò che distingue le nazioni». I politici lo sanno bene. Questo, in modo solo apparentemente paradossale, ha portato molti ultrà croati di squadre di club a staccarsi dalla Nazionale per non essere confusi «con chi diventa tifoso per quattro settimane ogni due anni».

Ma perché il giocatore croato ex Dinamo ha esultato in quel modo? In Ucraina, tre anni dopo la rivolta filo-europea di Piazza Maidan, si è al terzo governo e in piena crisi umanitaria. Il paese è diventato ormai una carta di scambio svalutata nel grande gioco tra Mosca e l’Occidente. Si vive da anni una tragedia dimenticata con oltre un milione di profughi da Donbass e Crimea fuggiti all’estero, 1,7 milioni di sfollati interni e più di 5 milioni di persone coinvolte nella crisi umanitaria nei territori orientali. La guerra nell’est dell’Ucraina è iniziata nell’aprile del 2014 in seguito al rovesciamento del presidente Viktor Yanukovich e l’uscita del paese dall’orbita della Russia, con conseguente avvicinamento ai paesi della Nato.

Il conflitto, che ha visto contrapposti l’esercito ucraino e i ribelli delle province di Donetsk e Luhansk, a maggioranza russa, ha causato finora oltre novemila morti. L’esultanza di Vida e Vukojevic è solo l’ultimo caso in cui lo sport e in particolar modo il calcio “entrano” nella crisi ucraina. Dal 2014 lo Shakhtar Donetsk ha dovuto abbandonare la propria città, a causa della guerra, e spostarsi a Lepoli per giocare. Il trasferimento e la difficile situazione nel Donbass, hanno determinato un’emorragia nelle sponsorizzazioni della squadra, che ora può andare avanti solo grazie alle generose iniezioni di denaro del presidente Rinat Achmetov, figura controversa e legata al mondo della malavita locale. Lo Shakhtar non è l’unica squadra a subire le conseguenza della guerra, molte altre squadre come lo stesso Dnipro si sono dovute spostare e giocare senza il proprio pubblico in una situazione paradossale di guerra, dove lo sport non si arrende, forse anche influenzato dagli interessi economici.

Un ruolo fondamentale è stato ricoperto dalle tifoserie ucraine, proprio loro sono state uno dei motori della rivolta di piazza Maidan, e anche nelle altre piazze del Paese. Gli scontri più pesanti nel braccio di ferro tra l’ex Presidente Viktor Janukovyč e i manifestanti si sono svolti alle porte dello stadio della Dinamo Kiev. La tragedia di Odessa, il 2 aprile 2014, finita in un rogo con 48 vittime, è nata dagli scontri dei filorussi con un corteo di ultrà pro ucraini.

La peculiarità della situazione è che la spaccatura che ha attraversato il Paese, non si è riprodotta nella tifoseria, che anzi ha visto sopite le vecchie rivalità in nome di alleanze sorprendenti, come quelle tra il Metalist di Kharkiv e il Dnipro di Dnipropetrovsk, ai ferri corti da sempre. I militanti anarchici e neo-socialisti dell’Arsenal erano sul Maidan insieme ai nazionalisti di Leopoli, e i ragazzi del Metalist e del Dnipro si sono schierati senza esitazione a favore dell’Ucraina in città a maggioranza russofona come Kharkiv e Dnipropetrovsk. Un’alleanza che ha superato differenze linguistiche, culturali e sociali, un fenomeno che ha già attirato l’attenzione dei sociologi. Forse proprio il “tribalismo” degli ultrà ha fatto prevalere, nel conflitto con la Russia, il sentimento nazionale, e nazionalista, anche nelle tifoserie di origine russa. Producendo anche un’inversione di ruoli insolita.

La situazione calcistica e dei gruppi ultras in Ucraina è molto complessa, come del resto lo è quella politica e sociale. Ancora una volta una “semplice” esultanza ha avuto la potenza di far accendere i riflettori su argomenti e dinamiche che spesso i giornali mainstream non affronatano o che vengono trattati con leggerezza e non curanza.