di Davide Drago

La "storia" tra il Presidente americano Donald Trump e il cestista LeBron James, caratterizzata da accuse e pesanti offese, iniziata qualche mese fa, continua ancora oggi. Tutto ha preso avvio nel settembre del 2017 durante il Media Day, primo atto ufficiale della nuova stagione NBA ed occasione per giornalisti, e di rimbalzo per i tifosi, di conoscere meglio i nuovi giocatori delle varie squadre, sentire le loro prime dichiarazioni, e rivedere le facce note dei veterani.

In un'occasione così importante, era inevitabile che tenesse banco la questione legata a Donald Trump e alla situazione socio-politica negli Stati Uniti d’America. Tra i tantissimi giocatori e dirigenti che si sono espressi sull’argomento, quella che ha avuto la maggiore rilevanza mediatica è stata quella di LeBron James. Il campione dei Cleveland Cavaliers durante la conferenza stampa ha dichiarato: «Come ho già detto, la cosa che più mi rende frustrato è il fatto che abbia utilizzato lo sport per cercare di dividerci. Lo sport invece è uno strumento incredibile per unire le persone, non importa quale sia la loro forma o stazza o razza o etnia o religione o qualsiasi altra cosa. Se hai votato per “quel tizio”, potresti aver commesso un errore, ed è ok. Tutti commettono errori: anche io a volte do troppe caramelle a mia figlia e me ne pento perché poi non va più a dormire. Non penso che molta gente fosse informata quando lo ha eletto, ed è una delle cose più pericolose durante il voto. La gente non sa quello che succede nel mondo e fa scelte non informate, e quella non è stata la scelta giusta. Io come atleta professionista che gioca in questo stato [l’Ohio, ndr], e sebbene questo stato abbia votato per Trump, questo non mi impedisce di continuare a parlare alle persone, soprattutto ai giovani, perché sarei ipocrita se non lo facessi. Il mio ruolo è molto più importante di quel tizio, di cui non mi piace nemmeno dire il nome. Perciò continuerò a fare quello che faccio non solo in campo, ma anche mandando a scuola 13.000 bambini spendendo quasi 45 milioni di dollari».

Dopo qualche mese, lo scorso 3 novembre “King James” è stato protagonista di un match molto particolare, decretando il successo dei Cavs segnando 57 punti. Il campione non si è lasciato sfuggire questa grande occasione di giocare a poca distanza dalla Casa Bianca e ha voluto lanciare un messaggio inequivocabile all'indirizzo del presidente degli Stati Uniti. Sulle proprie scarpe, una di colore nero e una bianca, c’era la scritta “Equality”. Prima della partita James parlando con i giornalisti aveva dichiarato: «Sappiamo tutti dove siamo, e sappiamo chi è al timone. Noi siamo americani, non contano razza, colore, ceto sociale, abbiamo tutti il diritto di batterci per avere gli stessi diritti. Non lasceremo che una certa persona agisca come un dittatore».

Da quel momento tra il presidente Trump e “King James” è stata un'escalation che è esplosa sempre di più. Un altro momento di disputa è stato a giugno, quando Trump ha dichiarato che né i Cleveland Cavaliers, la squadra precedente di James, né i Golden State Warriors, sarebbero stati invitati alla Casa Bianca a seguito delle finali Nba. Giorno quattro agosto il primo presidente americano ha scritto sul suo profilo twitter: «LeBron James è stato intervistato dall’uomo più stupido della televisione, Don Lemon. Lui ha fatto sembrare LeBron intelligente, quando invece proprio non lo è. Mi piace Mike». Durante l'intervista, lo sportivo ha dichiarato alla Cnn di credere che Trump stia in qualche modo tentando di dividere il popolo americano, fomentando l'odio; da qui la risposta immediata e sarcastica del presidente sul profilo twitter. Il commento di Trump sul social network ha scatenato tantissime reazioni dei sostenitori di James, che il lunedì precedente aveva inaugurato una scuola elementare per giovani ad alto rischio nella sua città nativa Akron, in Ohio.

Anche il giocatore del Minnesota Karl-Anthony Towns non ha accettato per niente il tweet di Trump contro LeBron James e gli ha risposto con toni parecchio piccati sullo stesso social network: «Fatemi capire un attimo la situazione: Flint, in Michigan, ha ancora le acque sporche ma tu ti preoccupi di un uomo che sta facendo del bene per l’educazione e l’insegnamento dei bambini nella sua città natale? Chiudi quella dannata bocca! Smettila di usare Twitter e cerca di fare qualcosa di buono per il nostro Paese con quella penna». Il campione Michael Jordan, interpellato sulla questione delle dichiarazioni di Trump, ha dichiarato «Supporto LeBron. Sta facendo un lavoro straordinario per la sua comunità».

La first lady, Melania, ha stoppato il presidente americano. Si è infatti schierata apertamente contro il marito, attraverso una dichiarazione della sua portavoce alla Cbs. Melania ha elogiato James per il suo lavoro con i bambini, dicendo persino che è disposta a visitare la scuola per "bambini svantaggiati" che il giocatore ha fondato nella sua città natale.

Sicuramente questa storia non finirà qua: il presidente americano continuerà a impersonificare questo strano e buffo personaggio che attacca indistintamente e in maniera grottesca chi la pensa diversamente da lui. Dal canto suo, “King James” proseguirà nel proprio lavoro al di fuori del campo da gioco per dare la possibilità a tutti di andare a scuola, magari diventare un grande campione di basket, ma soprattutto sviluppare un pensiero critico che porti le giovani generazioni a comprendere e pretendere che il popolo americano sia governato da una persona che ascolti le necessità e promuova politiche per tutti indistintamente.