Recensione di "Ladri di Sport, dalla competizione alla resistenza" (ed. Agenzia X Globalbooks)

di Teo Molin Fop

Consiglio vivamente la lettura di “Ladri di Sport, dalla competizione alla resistenza” scritto da Ivan Grozny e Mauro Valeri per “Agenzia X Globalbooks”, non ancora uscito in libreria (21 maggio), ma che ho potuto leggere in anteprima. Per gli usuali frequentatori del sito di “Sport Alla Rovescia”, questi due autori non necessitano di presentazioni, visto che trovate spesso loro articoli al suo interno.


Lo consiglio, perchè, come giustamente sottolinea nella prefazione Cristiano “Xho” Presutti (fùtbologia.org), questo libro si inserisce in quella tendenza di “new football writing”, cioè una letteratura che parla di calcio e sport in generale cercando di “elevare il discorso, di praticare la passione per il pallone e utilizzarla nella produzione di forme e contenuti rinnovati.” Tuttavia in “Ladri di Sport” c'è un elemento di novità molto importante: rispetto ai sempre più numerosi libri di denuncia dei mali del calcio (basti pensare a quelli su calciopoli), qui vengono soprattutto raccontate le esperienze di resistenza ed alternativa allo sport-business. Leggendo le pagine, troverete gli interessi che ruotano attorno ai grandi eventi sportivi, come i mondiali in Brasile quest'anno, la xenofobia e l'omofobia, ma soprattutto “le polisportive, i matti, attivisti contro il razzismo, migranti, rom e barboni”, che “dal basso ripartono per ripartire, attaccare e divertirsi ancora”.

La forza di questo libro è che troverete i regolamenti discriminatori delle federazioni sportive per l'accesso dei migranti alla pratica sportiva e il racconto della campagna “Gioco Anch'io” che porta all'abrogazione degli articoli discriminatori. C'è il razzismo e l'assenza di leggi che regolano il diritto d'asilo e poi le storie della “Liberi Nantes”, “AfroNapoli United”, “Survivors”, “Cara Mineo” e “Koa Bosco” di Rosarno, ossia squadre composte da rifugiati o richiedenti asilo, che mostrano come il calcio possa uno “strumento per tornare ad assaporare uno sprazzo di normalità” C'è l'omofobia delle dichiarazioni di Moggi, Rivera, Lippi, Bergomi, ma anche  i (ancora pochi) coming out di calciatori omosessuali, la bandiera arcobaleno perennemente sventolata nello stadio del St. Pauli o le iniziative di “Football Vs Homophobia”. Sono raccontate le  esperienze di “calcioterapia” attraverso tornei e campionati tra squadre composte da utenti dei Centri o Dipartimenti di Salute Mentale o il progetto “Matti per il Calcio” della Uisp. Poi scopri che  Tommaso Vailatti, con alcune presenze in serie A, è un giocatore sinto e che sono numerose le esperienze di squadre composte da rom (Cd Rom, Birilli, Ercolini tanto per citarne alcune).

L'altro elemento interessante di questo libro è che vengono raccontati i prossimi mondiali in Brasile, mettendo in evidenza gli aspetti, sempre troppo poco approfonditi nel mainstream, e le conseguenze dei grandi eventi sportivi soprattutto per la popolazione che li ospita.  I grandi eventi sportivi cominciano ad avere la stessa funzione di “vetrina per la costruzione del consenso”, che avevano negli anni passati i vertici del potere globale. I mondiali di calcio sono sicuramente le sfide tra le squadre più forti del mondo, ma sono anche grandi opere costosissime ed inutili, sono morti sul lavoro e condizione di schiavitù dei lavoratori migranti nei cantieri (in Qatar sono già morte 900 persone durante i lavori per il mondiale del 2022). Sono tentativi di ripulire i quartieri popolari e le zone degradate attraverso divieti e sgomberi e soprattutto sono piogge di denaro pubblico che vanno ad arricchire sempre i soliti noti. Tutto questo come ci racconta Ivan Grozny, che ha avuto la fortuna di passare alcuni mesi in Brasile di recente, si traduce per il paese carioca in operazioni del Bope, la polizia militare brasiliana, nelle favela di Rocinha a Rio oppure nella costruzione di nuovi inutili stadi con costi faraonici. Scorrendo le pagine non puoi dunque non pensare al “Delle Alpi” di Torino o al “San Nicola” di Bari costruiti per Italia 90, di cui stiamo ancora oggi finendo di pagare i mutui (nel 2011, 55 milioni di euro).


L'esplosione delle proteste durante la Confederation's Cup dell'anno scorso hanno messo in evidenza come il popolo brasiliano alla Fifa preferisce investimenti per migliorare i servizi pubblici, vuole infrastrutture che servano alla collettività e non per arricchire la Oderbrecht, la potente multinazionale, che casualmente vince tutti gli appalti. Le oceaniche manifestazioni di Rio, San Paolo, Belo Horizonte e delle altre principali città brasiliane mettono in evidenza come questa popolazione sia stanca di vedere nei luoghi di potere personaggi legati alla dittatura militare, come ad esempio Josè Maria Martin, presidente della Federcalcio brasiliana, che era a capo del Doi-Codi, un'agenzia di servizi segreti repressiva, responsabile dell'uccisione di Vladimir Herzog, giornalista indipendente ucciso per la sua opposizione al regime.


Tornando alla prefazione iniziale, questo libro ci mostra ancora una volta come il pallone sia contraddizione, è “economia corrotta, malaffare, illegalità, repressione, controllo sociale e allo stesso tempo ideali, passione, talento, corpi, diverse e nuove forme di aggregazione sociale, cultura popolare dall'altro.
Dopo aver letto questo libro si capisce benissimo da che parte stare, quella che pensa che “rubare lo sport ai ladri non è reato.