Ci sono squadre che spariscono per eccesso di debiti e squadre che spariscono per assenza di tifosi.

Questo è il caso del Real Vicenza, squadra arrivata settima nel girone A di Lega Pro. Nel girone d'andata è stata a lungo nelle primissime posizioni in lotta per la promozione in serie B: non male per una società nata solo cinque anni fa e partita dall'Eccellenza!

Nel 2010 l'imprenditore vicentino Diquigiovanni acquista il Gatto Sole, storica formazione cittadina del quartiere del Villaggio Sole militante in prima categoria e fa la fusione con il Cavazzale, squadra di provincia in difficoltà economica. Da qui parte l'ambizioso progetto del Real Vicenza, che grazie a una gestione societaria seria e ai sostanziosi investimenti economici arriva a giocare le partite casalinghe al Menti, casa del Vicenza Calcio, e arriva fino alla Lega Pro.

Nonostante ciò ieri il presidente Diquigiovanni convoca una conferenza stampa dove annuncia che chiude l'esperienza del Real Vicenza, dichiarando sostanzialmente il fallimento del suo progetto calcistico.

 

Ma come è possibile che una squadra che ha collezionato promozioni, esprime un bel calcio, ha stabilità economica e possibilità in prospettiva di raggiungere la serie B sparisca?

La risposta sta tutta in questi semplici dati: il Real Vicenza ha avuto una media spettatori di 193 paganti a partita per un totale di 3659 persone (compresi gli ospiti) in tutta la stagione sportiva. Il record stagionale è stato di 467 spettatori nel “derby” col Bassano, mentre il minimo sono stati i 68 contro il Renate.

 

A Vicenza nessuno si è appassionato a una squadra artificiale creata a tavolino senza alcun radicamento nel territorio, anche se vincente. Se Diquigiovanni avesse mantenuto nome e colori sociali di una delle due società originarie, probabilmente sarebbe andata diversamente, ma la scelta del nome “Real Vicenza” rende palese come questa squadra fosse solo un mezzo per arrivare alla proprietà del Vicenza Calcio, sperando in un fallimento del glorioso club berico a causa della vergognosa gestione di Sergio Cassingena, il patron dei supermercati Sisa.

Siccome il fallimento del Vicenza Calcio sembra al momento un pericolo passato (anche se non si sa mai...), in queste settimane Diquigiovanni ha provato a trasferire il suo progetto calcistico in un'altra città del Veneto, come se una squadra di calcio fosse un'azienda come un'altra che si può delocalizzare a piacimento.

 

Sembrava infatti che fosse fatta per il trasferimento del Real Vicenza a Treviso con la creazione del “Biancoazzurri Treviso”, riportando quindi il calcio trevigiano tra i professionisti, ma sia la netta opposizione della curva trevigiana che il rifiuto dell'amministrazione comunale di Manildo hanno fatto saltare questa ipotesi.

Diquigiovanni ha manifestato delusione, perchè il suo progetto non è stato capito, ma forse bastava che leggesse alcuni passaggi del comunicato della curva trevigiana per comprenderlo: “Questa fantomatica squadra andrebbe a snaturare la nostra storia,la nostra tradizione e la nostra fede. Auspichiamo quindi che il presidente Diquigiovanni si renda conto di quanto a Treviso la sua squadra non abbia senso di esistere, perché apolide, priva di storia e senza alcun legame con niente e nessuno. Di certo non basta chiamarsi “Biancoazzuri Treviso” per entrare nel cuore di chi il Treviso lo ama, così come non bastano lungimiranti promesse per cancellare una storia pluricentenaria.”

 

Non avendo trovato nessun'altra città veneta disposta ad accogliere questa idea artificiale di calcio- business, Diquigiovanni ha per il momento alzato bandiera bianca, dichiarando la chiusura dell'esperienza del Real Vicenza, a meno che qualcuno entro il 30 giugno non si faccia avanti per l'acquisto del titolo sportivo.

Questa storia dovrebbe far riflettere chi in questi anni ha spinto verso la spettacolarizzazione di questo sport, piegandolo alle esigenze degli sponsor e dei diritti televisivi, perchè la storia del Real Vicenza dimostra che “football without fans is nothing”.