Quando si tratta di discriminazione c’è sempre il rischio di passare per censore. E’ un rischio che però è bene correre, proprio perché le parole hanno un peso particolare. Oggetto del contendere è un coro fatto dai tifosi della Juventus nell’ultimo incontro contro l’Inter, che ha come protagonista il presidente nerazzurro, l’indonesiano Thoir. La canzoncina fa così: “Thohir, Thohir, Thohir, Thohir ti hanno visto a piazza Duomo che vendevi souvenir”.

Pur riconoscendo che non era facile trovare una parola che facesse rima con Thohir, resta un coro di discriminazione etnica per la scelta di prendere in giro una persona per le sue origini straniere abbinate ad un lavoro assai poco qualificato svolto in genere dagli stranieri. D’altra parte, già in passato la stessa e altre curve avevano utilizzato la medesima canzoncina per attaccare un altro straniero: Eto, con la differenza che il calciatore camerunese sarebbe stato visto “vendere rose nel metro”. Insomma, gli si dà del vu’ cumprà, quasi a ribadire che tutto sommato, pur se è milionario, Thohir (come Eto'o) resta un pezzente, e lo resta proprio perché straniero. E’ come voler dire che se sei straniero il tuo vero mestiere non può che essere quello di fare il venditore ambulante.

 

Mi è capitato di ascoltare nella trasmissione “Tutti convocati” di Radio24 (la radio quindi quella di Confindustria) un allegro gruppetto di opinionisti, tra i quali il conduttore Carlo Genta, Giuseppe Cruciani, Pierluigi Pardo e il giornalista di Repubblica Maurizio Crosetti, che la pensano diversamente. Il primo ha definito il coro come geniale, il secondo come divertente, non discriminatorio, addirittura “perfetto nel contenuto”. Quello che più sorprende è che persone che anche per deontologia professionale dovrebbero essere particolarmente attente a quello che dicono e scrivono, rivendicano invece una libertà di espressione assai bizzarra, soprattutto perché non spiegano mai con chiarezza cosa sia per loro uno sfottò e cosa una discriminazione. Tutto diviene lecito, soprattutto se rinforza pregiudizi e stereotipi verso gli stranieri. Cruciani, ad esempio, è “maestro” in questo giochino, permettendosi di insultare chi vuole lui (prediligendo in genere i Rom). La libertà d’espressione và difesa ad oltranza, ma a patto che vengano stabiliti i limiti di questa libertà.Perché una libertà senza limiti è un bluff arrogante.