Bambini giocano a calcio nella favela di Rocinha a Rio de Janeiro.

Quando nell'estate del 1997 Luis Nazario Da Lima, meglio conosciuto come Ronaldo, passò all'Inter dal Barcellona, nella favela di Rocinha ci fu una grandissima festa.

 

Il giovane campione si esibì in una partita di fronte a tantissima gente ma soprattutto al boss-narco trafficante che di fatto gestiva questa che è la più grande favela dell'America Latina. Anche per un brasiliano non è così semplice sfondare nel calcio. La concorrenza è agguerritissima e le difficoltà per avere accesso alle strutture, per i giovani aspiranti campioni, è davvero complicata. E quando uno ce la fa da un lato vuole dire che è davvero un fenomeno, dall'altra è una grande festa per chi lo ha sostenuto. Se pensiamo solo a Rio De Janeiro ci riferiamo a una metropoli enorme e non è sempre facile raggiungere questo o quel luogo. Figuriamoci per un ragazzino. Non tutti i campioni che si affermano arrivano dal basso, anzi. Molti provengono da famiglie benestanti piuttosto che dalle fasce più povere della società brasiliana proprio per i motivi a cui abbiamo accennato: Leonardo, Kakà e David Luiz sono solo gli esempi più eclatanti.

 

Quindi che le storie di poveri campioni si intreccino con quelle di uomini che rappresentano in qualche modo (!?!) il potere non appare così strano.

 

Ronaldo è sempre un campione amatissimo, anche oggi. Testimonial di tantissimi marchi importanti, ospite fisso alle inaugurazioni di questo o quell'impianto, anche non sportivo, si sta dando molto da fare per promuovere Mondiali e Olimpiadi. E' presente nella macchina organizzatrice ma non ha lesinato critiche quando le proteste di questi mesi si sono fatte sempre più forti. Al contrario di quanto ha fatto Pelè sta molto attento a non compromettere la propria popolarità con uscite infelici. Si sta attrezzando per una carriera politica di successo, verrebbe da dire.

 

Salire fino in cima alla favela più popolosa del Brasile e sentire parlare di Ronaldo fa un certo effetto. Sentire raccontare dei boss che hanno contatti diretti con questi che sono veri e propri miti del nostro tempo da la cifra di quanto importanti sono coloro che li hanno "cresciuti". Nulla di scandaloso o sorprendente, intendiamoci.

 

Stando ai giorni nostri, proprio "il fenomeno" era presente all'inaugurazione dello stadio di Brasilia. La capitale non ha una gran tradizione calcistica e neppure una squadra che disputa il Brasilerao (il campionato nazionale), ma ugualmente è una delle città che ospiterà i Mondiali. Il Flamengo, la squadra più popolare e tifata dell'intero Paese sta disputando li i match casalinghi. Un team in affitto, di fatto.

 

Lo stadio del Flamengo sarebbe il Maracanà, che però è stato praticamente stravolto dopo i lavori di questi anni. Ridotta la capienza, non è più quel luogo di incontro per sostenitori calorosissimi. E l'atmosfera unica che si respirava un tempo è praticamente sparita. I tifosi lo disertano più che volentieri e forse anche questo ha spinto la dirigenza "rublo-negra" a migrare. Per soldi. E' quello l'unico motivo.

 

Favela come quella di Rocinha fanno parte di quelle che sono state militarmente pacificate. Quanto è buffo usare questo termine, pacificate… C'è voluto l'esercito intero per farlo. Oggi il governo investe parecchio per organizzare attività di diverso tipo ma sono le associazioni e realtà autogestite quelle che davvero permettono a queste realtà di non implodere. Non basta la forza militare per risolvere annose questioni.

 

Come recitava un vecchio spot in cui proprio Ronaldo era protagonista "la potenza è nulla senza il controllo". E chi ha davvero sotto controllo la situazione in questi enormi luoghi è la comunità stessa, non certo il Governo.