Boston. 1967. Alla maratona di 42 km le donne non sono ammesse. "Troppo fragili per coprire distanze tarate sul fisico maschile". La ventenne americana Kathrine Switzer si rifiuta di accettare un divieto che le appare assurdo.

 

Si iscrive sotto pseudonimo alla gara, supera di forza il tentato blocco di giudici ed organizzatori e giunge al traguardo con il tempo di 4 ore e 20 minuti. Le polemiche che seguono conducono ad abolire il divieto di genere ed ammettere le donne alla Boston 42, facendo conoscere la Switzer come la prima donna a correre una maratona.

Ad onor del vero prima di lei altre atlete sfidarono i divieti nello stesso ambito sportivo.

La prima fu la greca Stamata Revithi. In occasione delle prime olimpiadi dell'era moderna, Atene 1896, visto il rifiuto della giuria di accettare la sua iscrizione in quanto donna, decise di affrontare la maratona in solitaria il giorno dopo la gara ufficiale. La concluse in 5 ore e mezza obbligando i due militari che le vietarono l'accesso allo stadio Panathinaiko a registrare ufficialmente il suo tempo.

Nel 1966 invece, Roberta Gibb prese parte, fuori classifica, alla Boston 42 e coprì il percorso in 3 ore e 21 minuti, precedendo un sostanzioso numero di colleghi maschi. " Non credo che una donna possa reggere mentalmente 26 miglia di corsa...e poi ci sono i regolamenti!" sentenziò Will Cloney, giudice della corsa. " Una buona occasione per cambiarli!" rispose Bobbi Gibb prima di mettersi in cammino.

Storie di determinazione, storie di disobbedienza, che aprono la moderna battaglia alle discriminazioni di genere nel mondo dello sport. Battaglia che ad oggi è ben lontana dall'essere conclusa.

L' otto Marzo scioperiamo!