Iniziamo subito con una domanda diretta: come possono oggi sopravvivere le polisportive come la nostra e le tante realtà sportive che nascono dal basso per praticare uno sport che vada nella direzione contraria rispetto a quella ordinaria, in cui è diventato il motore immobile di business, di competizione sfrenata, del perseguimento a tutti i costi del risultato a scapito dei valori originari che dovrebbero sottintenderlo? Cioè, come possono queste esperienze crescere e promuovere attività qualitativamente competitive e permettere a tutti il proprio accesso, avendo a disposizione scarse risorse economiche e soprattutto, non avendo a disposizione le strutture in cui svolgerle? Non è retorica chiedersi tutto questo, soprattutto in un momento in cui diminuiscono le garanzie sociali per una crescente fetta della nostra popolazione e in cui difficilmente si riesce a chiudere contratti di sponsorizzazione per una squadra di terza categoria, per esempio, come la nostra, che porta avanti le battaglie politiche contro le discriminazioni e un calcio pulito, fuori dalle logiche del mercato. Su questo vogliamo seriamente esprimerci e fare esprimere molti altri perché la nostra polisportiva si trova in seria difficoltà a causa degli alti costi di gestione di cui ogni anno ci facciamo carico per mantenere la squadra di calcio a 11 che milita in terza categoria e la giovane scuola calcio “Ancona Respect”, che sta lavorando attraverso lo sport  con bambini di  differenti nazionalità a costi irrisori, perché tutti possano permettersela.

 

Non poco tempo fa, avevamo proposto di assumere come elemento di ragionamento e di rivendicazione per l’accessibilità allo sport, il tema degli impianti sportivi e della loro gestione e per questo ci siamo messi a ragionare su alcune cose che alla fine si legano a tutte le battaglie che complessivamente portiamo avanti.

Innanzitutto, gli impianti sportivi in generale che appartengono al comune sono patrimonio di tutti e come tali sono beni comuni! Ancona, per esempio, è una città carente di strutture, sia in termini di numero sia in termini di qualità e manutenzione delle strutture esistenti. Sia che abbiamo luoghi in cui portare avanti le nostre attività sportive, sia che ostentiamo spazi in cui allenare le nostre squadre, il problema del rapporto tra la disponibilità degli  impianti con la necessità di praticare gli sport e l’attività fisica in generale, rimane. Il tutto poi si aggrava, quando andiamo a mettere le mani sui criteri e sulle modalità di assegnazione di questi e su chi ha, o dovrebbe avere, la titolarità per gestirli. È evidente, rispetto a quanto detto sopra che tutte le associazioni sportive e non solo quelle formalmente costituite dovrebbero avere la possibilità di usufruire degli spazi comunali in cui allestire o usufruire delle attività.

Il problema però nasce quando il Comune nel tempo ha consolidato dei rapporti lobbistici con le società sportive che sono più riconosciute in città e di fatto privilegiate rispetto ad altre. Nella nostra città è un puro scambio di voti e consenso nei confronti del PD che ha di fatto “privatizzato” per i suoi interessi la maggior parte del patrimonio pubblico, che siano impianti sportivi, case e immobili in generale. Le società che hanno attualmente in gestione gli impianti dei campi da calcio, sono potute entrare grazie all’aiuto che il Comune gli prestò mettendo la firma fideiussoria, senza la quale non avrebbero avuto accesso ai mutui per la ristrutturazione degli impianti con l’annesso investimento sul campo sintetico che, affittandolo, porta soldi tutto l’anno.  In questo modo la società deve provvedere al mantenimento della struttura e a ridistribuire gli orari disponibili per le altre società che necessitano quegli  spazi con una tariffa di affitto che decide il Comune. Qual è il punto di tutto questo discorso?  Di fatto con questo sistema, ovvero con una convenzione scritta tra il comune e l’ente gestore del campo, quest’ultimo, ne diventa “padrone”. Le società che hanno in mano gli impianti, grazie a questi, si mantengono le loro prime squadre, in generale tutte le loro attività e anche tutti gli stipendi dei loro dirigenti. Si prendono gli orari più comodi e più utili per i loro allenamenti e il resto viene lasciato alle altre società, che non hanno strutture proprie. Tra fine agosto e i primi di settembre di ogni anno, il comune convoca le riunioni per spartire gli orari di utilizzo di ogni impianto, invitando tutte le società che hanno bisogno dei campi da gioco, a essere presenti.  Da questo momento ha inizio la farsa della suddivisione degli orari, in cui come nella giungla, vince la legge del più forte, in questo caso, in primis, chi ha in mano di fatto l’impianto. Alla fine dei discorsi, succede che per esempio, la nostra squadra è l’unica di tutti i campionati di terza, seconda e prima categoria ad allenarsi alle 21.30 di sera,  orario che nessuno vuole perché è scomodo, sia d’inverno a causa del freddo, sia a causa della tarda ora in cui si termina l’allenamento.

Il paradosso allora è: paghiamo quasi 800 euro al mese di campo per due allenamenti alla settimana e la partita in casa a settimane alterne, siamo l’unica società in città che porta avanti le battaglie sui diritti di cittadinanza, sulla lealtà nello sport, e la pratichiamo anche con il nostro terzo tempo, per un sport che sia accessibile e inclusivo per tutti, interveniamo nei quartieri più difficili, siamo promotori di campagne contro le discriminazioni, eppure ci troviamo sempre paragonati alle altre società, senza che la nostra identità venga messa a valore nei fatti, si perché a parole tutti ci dicono che siamo “i migliori”! A dire il vero, da quando abbiamo preso parte alla lotta per il diritto all’abitare, sostenendo l’occupazione di una ex scuola per sessanta senza tetto, non ci viene più riconosciuto nulla, neanche a parole!!!

Quanto scritto non vuole essere la solita richiesta di solidarietà che si concretizza con il “mi piace” del click di facebook. Abbiamo bisogno di generare azioni che garantiscano alla nostra polisportiva di poter continuare il suo impegno quotidiano.

Crediamo che questa battaglia vada intrapresa, perché è intrinseca a ciò che siamo e a ciò che vogliamo costruire nelle nostre città. Pensiamo si debba aprire una campagna che ci coinvolga tutti, come è stato per la campagna “gioco anch’io”, e per quella da poco aperta contro le discriminazioni sessuali, “nodisex”, per l’appunto.

Le attività della nostra polisportiva sono in serio pericolo perché gli alti costi d’affitto degli impianti non ci permettono di poter continuare a progettare il nostro futuro.  Tra l’altro in questi ultimi mesi abbiamo accumulato un deficit economico che ha bisogno dell’aiuto di chiunque per risanarsi. Per questo organizziamo iniziative di solidarietà, abbiamo prodotto per la vendita il nostro materiale e continuiamo a ricercare possibili sponsorizzazioni. Purtroppo sono tutte azioni di tamponamento che potrebbero aiutarci a terminare il campionato di quest’anno, ma non certo a intraprendere quello futuro.

Questo il riassunto dei punti che vorremmo condividere e rivendicare:

- gli impianti sportivi sono beni comuni e vanno messi a disposizione di tutti;

- la politica della concessione delle gestioni, almeno qui in Ancona, si è rivelata fallimentare, perché di fatto privatizza le strutture a beneficio delle società che le gestiscono;

- le tariffe di affitto delle strutture devono essere accessibili economicamente per dare la possibilità a tutti di organizzare e usufruire delle attività sportive;

- le associazioni sportive come le nostre non possono essere messe sullo stesso piano di chi produce sport per business, anteponendo a questo la sua accessibilità, intendendo questa a 360°. Il nostro impegno quotidiano deve trovare delle forme di sostegno e di valorizzazione all’interno delle scelte delle amministrazioni pubbliche.

Per chi volesse sostenerci anche economicamente queste le coordinate bancarie:

Ass. Pol. Dil. Antirazzista Assata Shakur 
IBAN IT95 R 06055 02602 00000000 1755

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