Una giornata a parlare di pallone. Cosa ci sarà di strano, direte voi. La maggior parte delle persone di questo Paese non fa altro tutto il tempo.. E infatti anche di questo si è accennato, alla questione dell'oppio dei popoli. Ma è stato solo un attimo. E poi giustamente, qualcuno obietterà, in quel caso ci si riferiva alle religioni. E perché? Cos'é il calcio? Non una religione? Qualcosa di simile di certo. Quella con più fedeli di sicuro.

Fedeli consapevoli, verrebbe da dire, dopo la giornata di sabato a Bologna, dove quelli di Futbologia.org hanno messo in piedi una giornata davvero particolare introdotta da due Wu Ming, anima di questo progetto. La parte più significativa del programma si svolgeva a Palazzo D'Accursio, Piazza Maggiore, a Bologna. In pieno centro.

Lucida, ma non per questo meno appassionata, l'introduzione di Luca di Meo (Wu Ming 3), che pure facendo un'analisi completa della situazione critica del nostro calcio, non ha però nascosto la passione che anima tutti coloro che a questo gioco sono appassionati. Bello da apparire quasi ingenuo il suo racconto di bambino allo stadio. Immediatamente si è percepito che non voleva essere la giornata dei “maestrini” che spiegano a una platea attenta e preparata quello che altri non spiegano o non sanno. Al contrario l'umile consapevolezza di condividere di una passione contraddizioni e perversioni. Christiano Presutti (Xho) non solo ha fatto da collante nei vari interventi, ma ha introdotto tutti i contributi video e arricchito la discussione. Memorabile il ricordo di un grande come Beppe Viola, del suo stile inconfondibile di raccontare non solo un calcio che non c'è più, ma soprattutto un'epoca. Voi vi immaginate come si potrebbe raccontare l'Inghilterra del dopo guerra senza parlare dei Beatles o dei Rolling Stones? E l'Italia? La si può raccontare senza nominare Coppi e Bartali o l'Inter e la Juventus? Come si può parlare degli anni ottanta in Italia senza nominare Maradona o Platini? E Berlusconi? Cosa sarebbe stato senza il calcio? E il calcio senza di lui? John Foot, docente di storia contemporanea al dipartimento di italiano dell’University College di Londra e autore dell'ormai celebre “Calcio - Storia dello sport che ha fatto l’Italia”, ha contribuito alla discussione sia testimoniando quanto sia difficile trovare dei testi italiani che abbiano un approccio scientifico alla materia sia quanto il modo di raccontare il pallone coincida con il modo in cui si rappresenta e racconta l'Italia. Gli unici due testi che abbiano l'approccio a cui si accennava sono a dire poco datati. Parliamo dei testi di Ghirelli e Brera, quindi del secolo scorso. Testi ancora validissimi, affascinanti e ben scritti. Sia chiaro. Ma che appartengono a un'altra un'epoca. E una delle chiavi più significative sta proprio nel linguaggio. Oggi questo viene sempre più svilito, come puntualmente evidenziano Luca di Meo e John Foot. Ed è proprio la comunicazione che si è trasformata la chiave della loro analisi. Si oscilla tra momenti molto seri, ricordi toccanti e altri più leggeri. Sentirci raccontare da un inglese, così simpatico poi, è davvero un'esperienza. E anche i suoi aneddoti su di lui allo stadio sono davvero genuini e ricchi di sfumature che danno infiniti spunti di discussione..

Nel pomeriggio è il momento di Paolo Sollier, accompagnato da Valerio Mastandrea. Che da sempre l'impressione di essere capitato in luogo per caso, per poi rendersi conto che l'intuizione è quella giusta. Lo dico in senso buono, intendetemi. Non sembra pure a voi che ci capiti, nelle situazioni, come se fosse attratto da una strana forza di gravità?

Brillantissimo, ha lanciato spunti interessanti e letto brani dal più celebre libro del ribelle , Paolo Sollier. Un personaggio straordinario e affascinante, che ha raccontato i suoi anni Settanta, quelli di un calciatore che condivideva passioni e ideali di tanti suoi coetanei. Che ha subito chiarito quanto sia oggi impossibile per un calciatore schierarsi o dire quel qualcosa in più su questa o quella questione. La pressione dei media e l'ostracismo dell'ambiente farebbero il resto. La tessera del tifoso? “Una cagata”. La tecnologia nel calcio? “L'errore fa parte del calcio”. La Tav? “Io sono di Chiomonte”. Il resto lo potete intuire. Nel 1976 pubblica “Calci sputi e colpi di testa”, Kaos edizioni. Inutile dire che il libro fece scalpore per le sue chiare posizioni a fianco di femministe, omosessuali e studenti. Mastandrea ne legge alcuni brani a un pubblico che è attento ma anche molto affettuoso e ben disposto ad ascoltare il suono di un pallone che rotolando racconta la nostra Storia. Con la maiuscola.

Poi venitemi ancora a dire che il calcio non è anche cultura. Certo, se poi aggiungete che di cultura ha bisogno anche il calcio, allora vuole dire che “un giorno intero a parlare di pallone” è speso bene.

 

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