La vicenda della “SSD Città di Campobasso”, la squadra di calcio del capoluogo molisano, non è stata raccontata ancora come di dovere: un esempio di azionariato popolare, di partecipazione corale per la costituzione di una bene percepito come collettivo, la squadra di calcio della propria città. Destinata al fallimento nell’estate del 2013, un sussulto di popolo la rifonda portandola alla vittoria della Coppa Italia Dilettanti ed alla promozione dall’Eccellenza ai Dilettanti. Contro l’affarismo, il business, le regole del mercato che decidono per le tasche di pochi e non per la passione dei più. In esclusiva, Sportallarovescia.it vi propone il racconto di questa storia, iniziata nel giugno del 2013, attraverso le voci, interpellate, dei suoi protagonisti.

 

 

Giugno 2013, il Campobasso raggiunge la salvezza sul campo in Lega Pro Seconda Divisione, ma la società targata Ferruccio Capone fallisce tra la delusione e lo scoramento dell’intera tifoseria della città. A partire da quel momento, come siamo arrivati alla costituzione dell’associazione “Noi siamo il Campobasso”? Quale è stata la molla che ha fatto scattare l’idea dell’azionariato popolare ed i passaggi salienti che hanno portato a questa scelta?

 

Nicola (Smoked Heads Campobasso 1986)

 

Per comprendere veramente come è nata l’associazione “Noi siamo il Campobasso” e come ha attecchito l’azionariato popolare a Campobasso, bisogna fare un paio di passi indietro fino ad arrivare all’anno 2005. A partire dal primo fallimento – quello del Campobasso di Molinari e della serie B – per ragioni soprattutto economiche, il problema dell’”esistenza” della società calcistica cittadina è risultato essere una costante, passando stagioni in più o meno perpetua ansia e inizi d’estate in attesa di notizie circa l’iscrizione al campionato di turno. Dopo lo psicodramma della presidenza Di Stefano (avventura puntualmente conclusasi con un fallimento) e la cocente delusione degli anni di Adelmo Berardo (si torna con 22000 persone in C2, si fallisce miseramente qualche anno dopo), la società passa nelle mani del trio Rizzi-Iacampo-Palladino. Anche qui, dopo i primi anni di proclami e promesse di rinascita, si torna al solito teatrino degli stipendi non pagati e degli intrallazzi del calcio nostrano. Ma è proprio qui che comincia l’avventura… Un gruppo di pazzi (è così che ci definivano) innamorati del Lupo e della Nord, stanco di questa maniera di fare calcio e con in testa il pallino di una società condivisa dalle varie componenti cittadine, fonda informalmente il comitato “Il Campobasso siamo Noi!”. L’attività del neonato comitato si fa subito concreta: si risolvono un po’ di “situazioni” con la proprietà del Campobasso calcio, si comincia ad allertare la città su quello che è l’unico modo di fare calcio nella nostra realtà, vengono coinvolti vecchi e nuovi tifosi, si tengono manifestazioni e incontri pubblici, si comincia a far pressione sull’allora sindaco Di Fabio perché si faccia mediatore e garante rispetto ai destini della maglia rossoblu. Proprio grazie a questo alacre lavoro sono varie le proposte di acquisto che giungono soprattutto da fuori regione per rilevare la squadra cittadina. Nel frattempo, grazie alla collaborazione tecnica dell’avvocato Mancini, viene stilato un primo progetto di azionariato popolare e vengono programmate tutta una serie di iniziative socio-economiche atte a riavvicinare il popolo rossoblu e a responsabilizzarlo circa le sorti del Campobasso, il tutto secondo il motto “MAI PIU’ FALLIMENTI”.

La società viene acquistata dall’irpino Ferruccio Capone, la collaborazione offerta dal Comitato è forte e fattiva (basti pensare che, contando solo su sponsor e collaboratori propri, il Comitato gestì per un intero anno la juniores del Campobasso raggiungendo le semifinali nazionali), ma la risposta da parte della proprietà è prima deludente e poi addirittura respingente. Il progetto di azionariato popolare è quasi deriso da Capone, le lamentele e i capricci dell’avellinese raggiungono livelli insopportabili, il Campobasso è da lui visto e gestito come un proprio giocattolo, sfociando il tutto in umiliazioni e scontri continui. Dopo l’iniziale fiducia e il ritrovato entusiasmo, il popolo rossoblu comincia una vera lotta (a distanza e non) con il ridicolo patron: gli Smoked Heads e altri gruppi della Nord, stanchi delle continue promesse non mantenute e delle sceneggiate caponiane, decidono di disertare le gare della “squadra del presidente”, seguendo senza tessera solo in trasferta e poi tagliando completamente il cordone che lega i colori rossoblu a malaffare e incompetenza assoluta. Nel 2013 il Nuovo Campobasso calcio fallisce e il capoluogo regionale è di nuovo senza squadra. Questa volta, però, il fallimento ci appare più come un’opportunità che come l’ennesima sconfitta cittadina. Un gruppo di amici e tifosi (componenti degli SH e del Nucleo Zasso, l’attuale presidente Perrucci, il capitano Minadeo) in un caldo pomeriggio d’estate si ritrova davanti a un bar e, tra rabbia e speranza, butta il cuore oltre l’ostacolo, decidendo di provare a rendere concreta la propria idea di calcio: nasce formalmente l’associazione “Noi siamo il Campobasso”, si prendono i primi contatti per partecipare ai campionati regionali, si fa di tutto e di più per realizzare finalmente un sogno! I passi successivi risultano essere, senza presunzione, a dir poco sorprendenti vista la situazione economica e sportiva della Città. Insieme ai tifosi entrano a far parte della SSD Città di Campobasso nuovi soci (innanzitutto il main sponsor Edoardo Falcione e il ds Marco Meo), viene acquisito il titolo dell’ Us Campobasso 1919 (squadra cittadina minore), si allestisce con passione un vero e proprio squadrone e si partecipa al campionato regionale di eccellenza. La stagione scorsa, per meriti sportivi e capacità aggregativa, si è rivelata come la concretizzazione di un qualcosa di fortemente voluto e all’inizio solo sognato. Il Campobasso vince il campionato a mani basse, conquista la Coppa Italia regionale, accede alle fasi nazionali e vince il torneo nell’apoteosi dello stadio “B.Buozzi” di Firenze (700 tifosi da Campobasso di mercoledì!). Oltre ai risultati sportivi, ciò che c’ha riempito d’orgoglio è stato poi l’aspetto umano e aggregativo della vicenda, con gli ultras e i tifosi campobassani che si riavvicinano in maniera concreta e fattiva alla propria squadra e con l’inizio di un percorso che rifiuta la “logica della delega” e fonda il tutto su responsabilizzazione, apporto di aiuti concreti, amore incondizionato e collaborazione a vari livelli.

 

Quante sono ad oggi le persone che fanno parte dell’azionariato? Che tipo di organizzazione interna ha la società? Quali sono stati i momenti più particolari a da sottolineare per quanto riguarda il coinvolgimento dell’intera tifoseria e cittadinanza rispetto a questa strada intrapresa? Come ha risposto la città? Quali sono stati i risultati sportivi che hanno caratterizzato, dal giugno 2013, la vita della squadra di calcio del Campobasso?

 

Giulio Perrucci (presidente dell’associazione e della SSD Città di Campobasso)

 

Nel giugno 2013 la società del Nuovo Campobasso calcio non ricorre contro l'esclusione per dissesto economico dalla Lega Pro, e la squadra viene sciolta d'imperio dalla FIGC. Nel frattempo tra i tifosi inizia a diffondersi l’idea dell’azionariato popolare come mezzo per “restituire il Campobasso ai campobassani”, per poggiare un primo tassello per la costruzione di qualcosa di solido e duraturo. Con questo obiettivo nei primi giorni del luglio 2013 si costituisce ufficialmente l'associazione di tifosi "Noi siamo il Campobasso". Grazie alle quote sottoscritte, il 27 agosto 2013 “Noi siamo il Campobasso” acquista, con il supporto economico di alcuni imprenditori campobassani, il titolo dell'U.S. Campobasso 1919, ottenendo così il diritto di ripartire dal campionato regionale di Eccellenza. La squadra chiude l'anno solare mantenendo l’imbattibilità in tutte le partite disputate tra Eccellenza e Coppa Italia regionale. Il 2 febbraio 2014 il Campobasso 1919 batte il Fornelli per 2-0 allo stadio "Acquasantianni" di Trivento, e si aggiudica la Coppa Italia regionale, conquistando l’accesso alla fase nazionale. Il Torneo con la Coccarda vede il Campobasso viaggiare dall’Abruzzo (Avezzano) fino in Sicilia (Catania San Pio X) passando per la Sardegna (Porto Corallo), senza subire reti fino alla finale. Il cammino dei Lupi in Coppa termina nel migliore dei modi: il 2 aprile, allo stadio “Bruno Buozzi” di Firenze, il Campobasso 1919 batte per 3-2 il Ponsacco e si laurea Campione d’Italia. Il successo in Coppa regala ai rossoblù la promozione anticipata in serie D, che comunque viene messa nel fortino grazie anche agli 86 punti messi a segno (con 28 vittorie e 2 pareggi) al termine della regular season. La straordinaria stagione 2013-2014 si conclude quindi con la conquista del “triplete”, un ottimo inizio per la nuova società. Il 26 giugno 2014 la società Campobasso 1919 cambia denominazione in "S.S.D Città di Campobasso" (nome più votato in un sondaggio ufficiale sui social network) diventando così una società sportiva dilettantistica a responsabilità limitata. Attualmente le persone che sostengono attraverso l’azionariato popolare sono circa 400 (60% quote societarie), la città ha ritrovato un nuovo entusiasmo per sostenere i propri colori grazie alla trasparenza ed il coinvolgimento che la società garantisce all’intera piazza. Possiamo affermare che la nostra è una società che nasce dal basso a dimostrazione che con piccoli gesti si può costruire qualcosa di duraturo in controtendenza all’immagine che il calcio moderno propone. Imprenditori, commercianti e tifosi in sinergia per rilanciare il sogno rossoblu.

 

 

Cosa ti ha spinto a sostenere fattivamente questa realtà sportiva e organizzativa che oggi sostiene il calcio a Campobasso? Quali sono stati i presupposti per te? Quali le tue proposte?

Edoardo Falcione (main sponsor e socio)

 

Di base sono stato spinto dalla passione verso il calcio poi lo stimolo (scommessa) a fare qualcosa di diverso nell' organizzazione, nello statuto sociale, dando la partecipazione di maggioranza alla città rappresentata dall'associazione “NOI SIAMO IL CAMPOBASSO”, dai tifosi e dai privati. I presupposti sono di "educare " la piazza ai tempi che stiamo vivendo. Le proposte, le idee  sono di un calcio regionale tenendo conto del territorio e soprattutto valorizzare i giovani locali.

 

Quali sono le sensazioni di chi scende in campo in una squadra che ha una realtà organizzata popolare e partecipata alle spalle?

Antonio Minadeo (capitano e campobassano)

Far parte della realtà calcistica del Campobasso è una sensazione bellissima, non soltanto perchè è la squadra della mia città, ma soprattutto perché conosco tutti quelli che hanno dato il via all’azionariato popolare e quasi tutti coloro che ora ne fanno parte. Sono onorato di poter rappresentare queste persone scendendo in campo da capitano, ma anche fuori dal terreno di gioco come primo tifoso del nostro Campobasso. Per me, come per tutti i miei compagni, è una sensazione indescrivibile giocare con una maglia che sul braccio destro porta il codice iban dell’associazione “Noi siamo il Campobasso”, mi rende orgoglioso anche se mi porta ad avere tante responsabilità.

Che aria si respira da parte di chi gioca oggi per il Campobasso?

Si respira un’aria diversa, pulita, genuina. Si percepisce il nostro grande investimento a livello morale, una sensazione nuova di intenso coinvolgimento che si prova giocando in un gruppo in cui i maggiori azionisti sono gli stessi tifosi che, con l’associazione “Noi siamo il Campobasso”, possiedono il 60% delle quote societarie.

Pensi che una partecipazione così importante da parte di un intero ambiente faccia bene al mondo del calcio di oggi?

Penso che sia una delle pochissime strade percorribili per attirare o per creare l’interesse di un imprenditore disposto ad investire ancora nel calcio. I sacrifici sono enormi e solo con la civiltà e il rispetto che stanno dimostrando queste associazioni di azionariato popolare, e soprattutto quella del Campobasso, un imprenditore può sentirsi invogliato ad avvicinarsi e ad investire il proprio denaro e il proprio tempo.

 

 

 

Come membro del gruppo ultras, qual è stato il vostro punto di vista dall’inizio di questa avventura fino ad ora? Quale il vostro coinvolgimento?Pensate che la strada intrapresa dal Campobasso sia quella più opportuna per contrastare il calcio business?

Nicola (Smoked Heads Campobasso 1986)

 

Non giriamoci intorno… Quest’avventura nasce anche grazie ad alcuni aspetti propri della nostra mentalità. Mi riferisco, in particolare, a quel senso di appartenenza che caratterizza soprattutto gli ultras, a quell’attaccamento incondizionato e concreto proprio del curvaiolo, nonché all’orgoglio e alla capacità di sporcarsi le mani e metterci la faccia sempre e comunque. Proprio per questo, fin dall’inizio e insieme ai ragazzi del NZ CB e di altri gruppi della Curva Nord “M. Scorrano”, la nostra partecipazione e il nostro coinvolgimento sono stati assoluti, in quanto si è trattato di rendere reali un sogno e un modo di vedere il calcio cittadino, naturalmente anche a causa degli “stimoli” derivanti dai continui fallimenti che hanno caratterizzato la storia del Campobasso Calcio e grazie alla sempre crescente voglia di distaccarci dagli sporchi e corrotti meccanismi che caratterizzano il tradizionale modo di fare calcio.

La strada intrapresa dalla SSD Città di Campobasso è secondo noi, ad oggi, l’unica percorribile per contrastare il calcio dei miliardi, delle restrizioni e delle televisioni. Questo sia a livello territoriale che in generale. Per quanto riguarda la nostra realtà – e ciò discende direttamente dalle vicissitudini che hanno caratterizzato la nostra storia calcistica – la risposta è palesemente affermativa. Finalmente non siamo più schiavi di avventurieri di provincia, non siamo più legati ai capricci e agli affarucci del presidente-padrone di turno e, nel complesso, ci è possibile programmare i destini della società basandoci sulla realtà dei fatti e sulle reali possibilità cittadine, potendo in questo modo crescere in maniera intelligente e costante. Ma anche a livello generale, fatti naturalmente i dovuti distinguo, questo ci appare il percorso più appropriato per combattere dall’interno, attraverso una gestione partecipata e condivisa delle cose, tutto quel marciume che ha reso il calcio un semplice baraccone governato dal profitto.

 

Gli Smoked Heads Campobasso nascono nel 1986 (anche se alcuni “vecchi” ne retrodatano la nascita al 1985) grazie alla passione e alla fantasia di un gruppo di ragazzi che, ad un certo punto del loro percorso curvaiolo, decisero di uscire da quello che era il gruppo storico e portante della Nord campobassana, ossia il Commando Ultrà Campobasso 1981. Il distacco non significò affatto rottura con il resto della curva, ma semplicemente voglia di dar vita ad un nuovo progetto-ultras secondo gusti, idee e modi assolutamente propri. L’attività del Gruppo si contraddistinse subito per innovazione e voglia di fare, introducendo “strumenti di tifo” nuovi e diversi rispetto a quelli tradizionali e fondando il tutto su autofinanziamento, aggregazione e presenza a prescindere. Questo spirito è rimasto negli anni, soprattutto grazie all’allargamento del gruppo e all’ingresso di nuove leve. Dopo gli anni bui dell’era Scasserra-Di Stefano, fatti per lo più di campionati anonimi e insignificanti, gli SH acquistano nuovo vigore negli anni della presidenza-Berardo, con i significativi scontri nel C.N.D. (Cavese, Foggia e Taranto in primis) e poi con la trionfale promozione in serie C2. Successivamente nuovi fallimenti e rinnovate delusioni non hanno scalfito la “logica Smoked” (espressa soprattutto dagli storici motti “Still crazy after all these years” e “Noi non siamo per dilettanti”) che, anzi, proprio negli anni più bui dell’eccellenza e di una D a dir poco inconsistente, acquista nuova linfa grazie all’apporto di nuove presenze e grazie al lavoro condotto all’interno della curva, puntando l’attenzione sulla necessità di fare calcio e tifo in un certo modo e aprendosi ancor di più a nuove esperienze extracalcistiche e sociali. Nel 2004, infatti, viene fondata l’associazione “Ultrantirazzista onlus” che, nata all’inizio grazie all’apporto e alla voglia dei soli frequentatori del nostro settore, ben presto si è aperta alla città e a nuovi progetti: si organizzano concerti, manifestazioni e incontri di stampo antidiscriminatorio e benefico (primi fra tutti il “Raduno delle realtà antirazziste” e il “Capodanno di divertimento solidale” che vengono riproposti ogni anno), si partecipa a raduni nazionali (Mondiali Antirazzisti, R.A.I., incontri del movimento ultras), si comincia a collaborare con associazioni e soggetti operanti nel sociale, si da vita a varie occasioni di aggregazione quali dibattiti, proiezioni, incontri, ecc. Quest’anno Ultrantirazzista compie 10 anni e, pur essendo nata sui gradoni della Nord, è oggi qualificabile come un soggetto sociale cittadino alle cui attività non partecipano più solo ultras, ma tutta una serie di persone contraddistinte da provenienze e appartenenze diverse. Tornando agli Smoked Heads, è assolutamente doveroso far riferimento, poi, ai rapporti creati e rinsaldati nel corso degli anni. Il primo accenno va fatto sicuramente agli ALLENTATI FASANO 1988, gruppo gemellato con il quale abbiamo solidi e sentiti legami ormai da 15 anni. Nel corso del tempo i rapporti, personali (matrimoni incrociati compresi) e collettivi, si sono stretti a tal punto da poter parlare oggi, senza il rischio di esagerare, di una vera e propria fratellanza, fatta di visite anche al di fuori del contesto-stadio, contatti personali, vacanze e condivisioni varie. A partire dal 2006, in particolare in occasione dei festeggiamenti per il nostro ventennale, si sono rinsaldati i rapporti con gli ultras di Cosenza (nello specifico con la CURVA NORD COSENZA ULTRAS) ed è nata una forte amicizia con i ragazzi del NUCLEO SAMB 1985. Con i primi, come spesso ci ripetiamo, riscontriamo una vera e propria similitudine nel modo di essere e in quello di agire – si torna al discorso riguardante azionariato e calcio popolare – tanto che questa amicizia è spontaneamente cresciuta oltre misura in pochi anni. Sicuramente interessante e degna di merito è l’esperienza da loro condotta, sposando totalmente il calcio popolare attraverso la creazione della Brutium Cosenza. A loro, a prescindere dal rapporto che ci lega, va grande rispetto in quanto, con coerenza e sicuramente in controtendenza, hanno avuto il coraggio di abbandonare a se stesso il calcio “maggiore”, sobbarcandosi tutti gli oneri e i rischi derivanti da un’esperienza di questo tipo. Diciamo che come modello la nostra società, attraverso l’azionariato popolare e diffuso, si pone a metà tra il calcio “tradizionale” e quello popolare della Brutium e di tante interessanti realtà italiane. Con i ragazzi di San Benedetto, conosciuti anni prima a Terni e poi incontrati di nuovo in occasione del loro ventennale, il legame è risultato essere forte e saldo grazie ad una comune visione e a un reciproco “riconoscimento” nati e sviluppatasi in ambienti diversi, ma rivelatasi sinceri e leali (basti immaginare che ai tempi della B i rapporti tra Campobassani e Sanbenedettesi erano tutt’altro che idilliaci…). Siamo nel 2014 e la nostra storia continua con vigore, partecipazione e voglia di fare. La nuova esperienza calcistica sorta a Campobasso dallo scorso anno ci impegna ancor di più non solo sui gradoni, ma anche al di fuori dello stadio. Al tempo stesso, però, anche per un certo rispetto e un reale riconoscimento proveniente dal resto della tifoseria, ci ha dato nuova spinta propulsiva, nuove idee, nuova voglia di stare insieme e di operare. Restiamo in piedi e continuiamo a metterci alla prova, in un mondo che, se fosse unicamente come lo intendono i “signori del calcio”, ci avrebbe già dovuti disgustare da un decennio. Invece noi continuiamo… pazzi per questi colori, orgogliosamente ultras, amanti del nostro modo di vivere il calcio, lo stadio e l’aggregazione!

WE ARE, WE ARE SMOKED HEADS!!!

 

 

 

Un gruppo ultras con una storia recente, il Nucleo Zasso Campobasso. Qual è la vostra storia, come si è intersecata con quella della SSD Città di Campoobasso?

Rispondono i ragazzi del Nucleo Zasso Campobasso

Il Nucleo Zasso di storia ancora non ne vanta molta considerando che il gruppo nasce solo nel 2011 da un' idea di pochi amici, appassionati e sempre presenti, di portare una pezza simpatica in trasferta, senza neanche la pretesa di diventare da li a breve un gruppo organizzato, come poi avvenne. Come gruppo siamo nati in uno dei tanti periodi  bui della storia del Campobasso,nel bel mezzo della contestazione contro la dirigenza dell'ex Presidente Capone e il primo passo verso l'organizzazione vera e propria del Nucleo è stato fatto nella scelta, non poco azzardata, di contestare la società  dalla curva e non, come invece deciso dal resto della Curva Nord, dall'esterno. Questa scelta non fu semplice in quanto sapevamo di dover mettere piede in una curva deserta a causa della contestazione  e contestare ogni domenica in curva vuota dava quel senso di rassegnazione e rabbia che non tutti volevano rivivere la domenica seguente, ma abbiamo proseguito con questa linea anche per l'anno seguente. Inoltre abbiamo provato a seguire il lupo anche senza tessera fuori dagli stadi, anche se questa linea a lungo andare comportò non poche difficoltà fino ad arrivare a non seguire più il Campobasso in trasferta per tutto l'anno successivo, pur di non tesserarci e  abbassarci alle assurde regole della Lega Pro. Il Nucleo oggi è composto da molti ragazzi, la magiorparte poco più che ventenni e senza avere alle spalle molti anni di esperienza di curva vogliamo sempre essere in prima linea e sempre a disposizione della Nord, al seguito della nostra squadra.
Dobbiamo crescere sotto molti punti di vista ma viviamo con serenità ogni giorno la nostra passione senza troppi affanni.

Qual è stato il vostro punto di vista dall'inizio di quest'avventura fino ad ora?

Insieme al gruppo portante della Nord, gli Smoked Heads, siamo stati fin da subito propositivi, non ricordo nessun piangersi addosso in quei giorni, e insieme a tutto l'osso duro della curva abbiamo coinvolto una grande parte della città. Fin da subito avevamo l'intenzione di riprendere in mano le sorti dei nostri colori e difenderli dagli interessi dei primi venditori di fumo, tutti noi avevamo questa intenzione, al di là della categoria dovevamo innanzitutto difendere quei colori da nuovi avventurieri e l'azionariato popolare era uno strumento unico e forse irripetibile da poter affermare immediatamente. Oggi l'azionariato popolare rappresenta per la città la più grande garanzia di onestà e trasparenza della società e avere un Presidente rappresentante dei tifosi e scelto dai tifosi stessi é la più grande vittoria raggiunta dalla nostra gente. Il percorso intrapreso ci vede protagonisti di ogni piccolo passo della nuova società, tutti diamo una mano non solo con l'acquisto delle quote ma anche mettendo a disposizione tempo e braccia li dove serve.

Pensate che la strada intrapresa possa costituire un’argine alle derive del nostro calcio?


Assolutamente si, certo di contraddizioni e marciume nel nostro calcio ce ne sono davvero troppe, e purtroppo tendo a pensare che più si va avanti e più la popolarità di questo sport sarà quantificata unicamente nel denaro e nel business televisivo. Credo però che esempi come il nostro e quello di altre piazze con percorsi simili, possano creare quel impercettibile ma efficace buco nella diga dell'affarismo calcistico, e a lungo andare, queste esperienze possono dare il via ad una nuova vita per questo sport, mettendo in primo piano la partecipazione popolare sulle scelte e sui programmi delle società . Sarebbe importante se in tutta Italia ogni tifoso contribuisse fattivamente alle sorti della squadra della propria città, non solo come semplice spettatore. Noi ci stiamo provando e continueremo a lottare per un calcio diverso e popolare con tutta la nostra determinazione, di soddisfazioni ne abbiamo già avute tante, e sono certo che ne avremo ancora molte da vivere.