(foto da www.antonioperrone.com)

Un opera del maestro Santiago Calatrava

Montreal 16 maggio 2005  il comitato olimpico assegna i Campionati mondiali alla città di Roma.

 

La giunta Veltroni è all’apice e si decide di fare le cose in grande; parte la corsa alle piscine. Cinque impianti saranno pubblici (Tor Vergata, Foro Italico, Ostia, Valco San Paolo, Pietralata). Ma non basteranno. La giunta Veltroni decide di affidarsi ai privati con quattro grandi obiettivi: organizzare i Mondiali, costruire una struttura memorabile nel campus universitario, rendere Roma una capitale natatoria mondiale e rilanciare le periferie romane attraverso la costruzione di spazi sportivi. Partono 38 richieste, il commissario straordinario (all'epoca Angelo Balducci segnatevi il nome) ne avalla 23. La giunta taglia e riduce a 10 (un anno dopo ne accoglierà altre 3). Questa è una storia lunga, sporca, di cemento e salotti, malaffare e grandi opere, la storia di una cricca che spende e spande denaro pubblico, nomi noti e meno.

Ora chiedo di concentrarvi sulla prima di queste strutture le Vele di Calatrava presso Tor Vergata detta anche la Città dello Sport o l’International Acquatic Center.

Chiamato nel modo che preferite, oggi è un enorme cantiere a cielo aperto chiuso e riaperto svariate volte, un leviatano di cemento e acciaio, che sfregia il paesaggio e la collettività (parole del Codacons) in una periferia alle porte di Roma di cui doveva rilanciare la skyline, doveva essere un landmark per tutta la periferia est della città, per dare dignità e suggerire a chi lo guarda che un altro mondo sia possibile. Per questo venne chiamata un archistar del calibro di Santiago Calatrava, da grande artista audace e temerario (ricordo il Ponte della Costituzione Sigh) non si tira indietro; Il piano per la città dello sport prevedeva una coppia di palazzetti dello sport, uno per basket e pallavolo e l'altro per il nuoto, posti uno di fronte all'altro con di fronte una coppia di laghi artificiali a formare una struttura a quadrifoglio. Intorno a questa struttura sarebbero stati realizzati altri impianti sportivi: piscine all'aperto e al coperto, pista di atletica ed altre strutture sportive. Di fronte al complesso di impianti sportivi, era prevista inoltre una torre destinata al rettorato dell'università alta circa 90 metri, un campus per ospitare gli studenti universitari e gli atleti, altre piscine olimpioniche per l'allenamento degli atleti.

 Cosa è successo?

La gestione dei fondi fu affidata alla Protezione Civile di Guido Bertolaso. All’epoca già riconosciuto nel ruolo di eroe nazionale e salvatore della patria. Giustamente chiama un amico di vecchia data con cui aveva già lavorato ai bei tempi del Giubileo: Angelo Balducci, classe 1948, dirigente pubblico e gentiluomo di sua santità, seguendo una prassi del Governo ovvero quella di affidare un grande evento ad un commissario.

Angelo Balducci il 28 settembre 2005 è nominato presidente generale del Consiglio superiore dei lavori pubblici. Con ordinanza pubblicata nella G.U. del 27 gennaio 2006 arriva la nomina a commissario straordinario per la realizzazione delle opere e degli interventi funzionali allo svolgimento dei mondiali di nuoto: "Roma 2009"

Il costo previsto per la realizzazione dell'opera era di 60 milioni di euro, che diventarono 120 milioni già all'atto dell'assegnazione dei lavori tramite gara d'appalto progetto redatto inizialmente dal SIIT (Servizi Integrati Infrastrutture e Trasporti) del Lazio. La società che ricevette l'incarico della costruzione fu la Vianini Lavori del gruppo Caltagirone S.p.A. il cui presidente è Francesco Gaetano Caltagirone, uno tra i 20 uomini più ricchi d’Italia e membro di una famiglia che si occupa di costruzioni, business che lui ha poi allargato all’editoria, questo per chi non vien dall’Urbe. Tra il 2006 e il 2007, pur non avanzando i lavori di costruzione, si vide l'ulteriore raddoppio dei costi di costruzione che arrivarono così a 240 milioni di euro. Dopo l’approvazione (settembre 2006) il Comune di Roma chiese a Calatrava un’ulteriore stesura del progetto, per rendere candidabile la capitale alle Olimpiadi del 2016, col fine quindi di adeguarlo agli standard olimpici. La stesura definitiva venne passata al Comitato Tecnico e Amministrativo del Provveditorato alle Opere Pubbliche il 5 febbraio del 2007 con il risultato che la spesa aumentò raggiungendo i 323 milioni di euro, di cui circa 239 per lavori.  E siamo al 2007 i lavori son fermi e già son partiti milioni, i giornali ne parlano ma scoppia la crisi dei mutui sub-prime, nasce il PD, a Padova inaugurano il tram, insomma c’era altro a cui pensare. Poi inaspettato come solo un evento che sai di dover organizzare da 8 anni, arriva il G8 quello del 2009, che abbiamo fatto all’Aquila ma dovevamo fare a La Maddalena. Quindi Guido Bertolaso non può che chiamare il suo braccio destro Balducci. E qui entrano in scena Diego Anemone e Claudio Rinaldi, il primo faccendiere proprietario del Salaria Sporting Village, il secondo nuovo commissario straordinario dei lavori che spalanca le porte ai privati e all’adeguamento, adattamento, costruzione ex novo delle 13 piscine inizali. Del resto una sentenza del Consiglio di Stato riconosceva al presidente del Consiglio superiore dei Lavori pubblici, Angelo Balducci, la facoltà di autorizzare i lavori per gli impianti in deroga sia alle cubature indicate sui progetti, sia ai vincoli ambientali. Yes, Baby this is mambo number five

Anemone, Balducci, Bertolaso, Caltagirone, Rinaldi … ne manca uno, Giovanni Malagò, il quale non è soltanto il numero uno del circolo canottieri Aniene e non è soltanto l’organizzatore principale dei Mondiali di nuoto, ma è uno dei volti senza i quali non è possibile capire come funziona quel complicatissimo mondo che vive soprattutto nell’Urbe tra politica e sport. Malagò è stato considerato per anni l’uomo dell’avvocato Agnelli nella capitale. Di lui “o’poltronissima” Franco Carraro disse: “Un fenomeno. Come quei giocatori che alla roulette capiscono il colore sul quale puntare. E passano dal rosso al nero e viceversa. Sempre al momento giusto”. Pensate questi sono solo alcuni tra i nomi più famosi che fanno o facevano parte del suo circolo : Gianni Letta, Walter Veltroni, Luca Cordero di Montezemolo, Marco Tronchetti Provera, Corrado Passera, Cesare Romiti, Francesco Gaetano Caltagirone, Claudio Toti, Francesco Rutelli, Chicco Testa. Pensate alle società di cui Malagò è o è stato consigliere di amministrazione – Unicredit, Air One, Tecnimont, Samocar, Samofin, Investimenti (holding partecipata), Auditorium Parco della Musica, Fondazione Lazio. Il circolo Aniene ottiene dai mondiali tre piscine con palestra, ludoteca, caffetteria e alloggi da 26 posti, costruite su un terreno che il comune di Roma ha dato in concessione gratuita al circolo per 99 anni. Costo dell’operazione, 13 milioni e 850 mila euro. Oltre a una piscina edificata sul terreno pubblico con soldi non solo dei privati in concessione al suo Circolo Aniene, Malagò ancora sfrutta i tornaconti politici di Roma ’09. Così ha alimentato le relazioni e aumentato il consenso – anche per merito di Gianni Letta – per scalare il Coni. Qualche tempo fa, assieme a Letta, al Circolo c’era il sottosegretario allo sport Luca Lotti. Quanti amici Megalò…

Nonostante il sì del commissario. Nonostante il parere, per due volte favorevole, della Federazione nuoto presieduta da Paolo Barelli,  tra le proposte bocciate c’è: lo Sporting Palace di Anemone. Mancavano i permessi dell'Ente Parco e della Soprintendenza archeologica. Era già avvenuta un'azione di sequestro. Centosessantunomila metri cubi di cemento nell'alveo dello sversamento del Tevere. Uno di quei mostri, che quando ci lamentiamo in fase d’opera siamo degli stronzi ma poi tutti si fa polemica a disastro avvenuto. Un paio di vincoli calpestati: paesaggistico e ambientale. Ma se lo Sporting Palace era rimasto nella lista dei bocciati (e ha costruito abusivamente) questo come ha potuto rientrare dopo il no del Comune guidato da Veltroni?  Fu inserito in una seconda serie di autorizzazioni, compilata dal nuovo commissario straordinario, Claudio Rinaldi, su suggerimento della Federazione nuoto e passata dal Comune guidato dalla nuova giunta Alemanno. Parola d’ordine “Si Scavi" per 9 impianti e 14 piscine, n’tu culu ordine e disciplia. 

Ci sono la piscina del Flaminio Sporting Club, di cui era dirigente Luigi Barelli, fratello del presidente federale costruita su un'area totalmente vincolata. 

E poi piscine alla riserva Macchione, alla finestra della tenuta del presidente della Repubblica, per la quale partì un esposto che contestava la violazione di tre protezioni.

Ed infine altri due grandi monumenti allo spreco che segnano come cicatrici il tessuto urbanistico della Città Eterna, il Polo natatorio di Ostia e quello di Valco San Paolo, sull’Ostiense. Nati in due aree molto diverse di Roma, hanno condiviso uno stesso destino. Sono stati inaugurati in corso d’opera pochi giorni prima della manifestazione internazionale, per poi chiudere subito dopo. Fra i due sono stati bruciati 42 milioni di euro di finanziamenti pubblici, rispettivamente 26 milioni per il Polo di Ostia e 16 per quello di Valco San Paolo. Al Polo Natatoti ricordiamo una facezia. La piscina olimpionica non venne mai utilizzata per i Mondiali del 2009 perché era più lunga di un metro e mezzo rispetto alla misura standard prevista, 50 metri. Ad accorgersene furono proprio gli atleti olimpici. Esatto troppo lunga, scusate in quel periodo facevo piscine senza averne competenza ed ero spesso ubriaco, ringraziate non sia a stella. Nonostante le vasche a norma il Polo natatorio di Valco San Paolo, costruito su un’ansa del Tevere nel quartiere Ostiense, fu chiuso dopo soli venti giorni dalla sua inaugurazione. Dovevano essere portati a termine una serie di lavori per il completamento dell’opera, i lavori non sono più andati avanti e il centro sportivo con tre piscine da 10, 35 e 50 metri, è stato abbandonato. Il bando del Campidoglio per la realizzazione dell’opera è stato vinto nel 2007 dal Consorzio Stabile Novus. Il direttore di Opere pubbliche e ambiente, società per azioni del gruppo, era il costruttore Francesco Maria De Vito Piscitelli, l’imprenditore che rideva al telefono nella notte del terremoto dell’Aquila. E questo solo per ricordarvelo, non per richiedere l’introduzione di una legge sulla pubblica fustigazione.

 Il progetto definitivo della Città dello Sport venne autorizzato il 25 febbraio del 2009 con dei cambiamenti rispetto al progetto iniziale (due edifici vengono alzati a 76 metri e il palazzetto dello sport ingrandito per ospitare 15mila spettatori, ossia 7mila in più) e l’importo definitivo del prospetto raggiunge i 607.983.772 euro. A dicembre, però, era stato deciso che i mondiali di nuoto non sarebbero più stati disputati a Tor Vergata, in quanto la struttura non avrebbe potuto essere completata in tempo, e si optò per l'utilizzo del Foro Italico, già utilizzato per i Campionati mondiali di nuoto 1994. Nonostante quest'ultimo fosse stato presentato come già pienamente efficiente, vennero comunque stanziati 45 milioni di euro per dei lavori di ristrutturazione in questo sito. Sempre nel 2009 a mondiale avvenuto, la costruzione della "Città dello Sport" fu bloccata per mancanza di fondi nonostante si fosse speso, fino a quel momento, 4 volte la cifra inizialmente stimata per la realizzazione dell'opera. Nel 2011, grazie alla candidatura di Roma quale sede delle Olimpiadi 2020, si decise di riattivare il cantiere di Tor Vergata: i lavori ripresero senza nessuna data certa per la consegna dell'impianto. Nel novembre 2012, il sindaco Giovanni Alemanno annunciò che il complesso sportivo sarebbe stato completato con il contributo di privati, ma le operazioni di completamento, al dicembre 2014, non erano ancora partite. A inizio 2014 fu prospettato il cambio di destinazione d'uso per la "vela" dalla struttura della copertura già completata, e destinata allo stadio del nuoto, con una proposta dell'Università di Tor Vergata per trasformare la struttura in una serra/orto botanico. La spesa prevista per completare la copertura era di 60 milioni di euro Secondo questo piano il secondo palazzetto potrebbe comunque essere realizzato completato come struttura polifunzionale per eventi sportivi e musicali, sebbene la struttura per essere completata richieda altri 426 milioni di euro.

Oggi 2017 le Vele restano sfregio e simbolo di una Roma surreale e grottesca che incapace di sfruttare il suo immenso patrimonio artistico e archeologico costruisce rovine ex novo come nelle metropoli del deserto americano. Come in un’opera di teatro interpreti ed attori han cambiato maschere e ruolo, ma la brama del palcoscenico li riporta sempre lì sul palco.