La Gazzetta dello Sport il 10 ottobre ha pubblicato i risultati di un sondaggio svolto su 50 calciatori di diversi club italiani di Serie A (circa il 10% dei calciatori di Serie A).

 

Tra i vari temi affrontati troviamo anche quello dell’omosessualità.

Sorvolando sulla dubbia validità statistica del sondaggio, quando si affrontano in un questionario queste tematiche definite “sensibili”, anche se viene garantito l’anonimato, è difficile avere una stima della realtà. Soprattutto in un momento storico in cui l’omofobia è poco tollerata.

 

La domanda 11 è marginale: la discriminazione maggiore non si presenterebbe tanto nello spogliatoio, ma attraverso i media, i contratti, la tifoseria, gli sponsor. E quel 2% (1 persona su 50) della domanda 12 suona ridicolo di fronte alla realtà dei fatti. Per il 66% del campione la carriera di un calciatore dopo il coming out non potrebbe essere compromessa. Se fosse vero allora perché fino ad oggi, in tutta la storia del calcio italiano, mai nessuno ha fatto coming out? La risposta per molti potrebbe essere che non esistono gay nel calcio. Le percentuali della domanda 13 almeno fanno sorgere qualche dubbio in merito.

 

Purtroppo queste domande sono la dimostrazione di come i media affrontino in maniera inadeguata e superficiale un argomento che invece necessita di maggior attenzione soprattutto in Italia.

 

Ma la verità allora qual è?

 

Di certo ricorderete le dichiarazioni di Cassano, Moggi, Lippi, Di Natale, Cabrini e Rivera sono per citarne alcune. Ecco una carrellata di video e articoli:

Il capitano dell'Udinese Di Natale non condivide le parole di Prandelli sui giocatori gay. "Infrangere il tabù dell'omosessualità nel mondo del calcio è un'impresa difficile, direi quasi impossibile. Come potrebbero reagire i tifosi?"

 

In Italia, a differenza di altri Paesi, l’omosessualità nel mondo sportivo rimane ancora un forte tabù, soprattutto nel calcio maschile simbolo per eccellenza della virilità e del machismo.

 

E’ difficile per un calciatore gay fare coming out: il rischio di diventare oggetto di discriminazioni, da parte della tifoseria e dei media, sarebbe troppo grande. Ci sono poi enormi interessi economici alla base del calcio-spettacolo moderno che inducono a coprire scandali, creare fidanzate o mogli di copertura e allontanare i calciatori che espongono apertamente la propria omosessualità.

 

Molti contratti calcistici proibiscono ai calciatori di dichiarare il proprio orientamento sessuale e la Fifa ha emanato il divieto ufficiale di baciarsi dopo un gol.

 

Non esistono esempi di coming out da parte di atleti italiani professionisti e anche a livello mondiale sono pochissimi i calciatori d’elité ad aver fatto coming out e ad essere ancora in attività. Ricordiamo David Testo del Montrial Impact e Robbie Rogers del Los Angeles Galaxy.

 

Questa è la verità ed è di questo che bisognerebbe parlare. Consiglio la visione di una puntata del 2008 della trasmissione V-ictory condotta dal giornalista Paolo Colombo su La7.

 

In Italia è necessario fare sensibilizzazione, informazione e formazione su questo tema attraverso ricerche, indagini, articoli e libri. Soprattutto in ambito sportivo, dove viene tutto ingrandito ed enfatizzato, abbiamo bisogno di realizzare campagne pubblicitarie che vadano a contrastare l’omofobia di cui la nostra cultura è ancora fortemente intrisa.

 

Fortunatamente abbiamo anche degli esempi positivi come Cesare Prandelli il quale più volte ha dichiarato l’assurdità della persistenza di questo tabù nei confronti dell’omosessualità nel mondo calcistico italiano. E compaiono sempre più associazioni, gruppi ed eventi sportivi LGBT che promuovono una cultura al rispetto delle differenze proprio sul campo da gioco.