Serata di presentazione della campagna NoDiSex contro le discriminazioni sessuali nello sport.

A poco più di un mese dall'apertura dei giochi invernali di Sochi, il CONI, le federazioni sportive e gli stessi atleti coinvolti continuano a mantenere un preoccupante silenzio sulla legislazione russa approvata a giugno contro la propaganda di “relazioni sessuali non tradizionali”. E' un silenzio che rischia di renderli complici di chi sta mandando in soffitta uno dei principi fondamentali della Carta Olimpica: “Ogni forma di discriminazione nei confronti di un Paese o di una persona per motivi di razza, religione, sesso, politica, o altro è incompatibile con l'appartenenza del Movimento Olimpico”.

Come ricostruito nel libro di Mauro Valeri “Stare ai Giochi”, anche in passato il Comitato Olimpico ha tentato di assecondare le discriminazioni, dovendo però poi tornare sui suoi passi difronte alle proteste e all'autorganizzazione di movimenti per i diritti delle “minoranze” (le donne, i neri, le persone transessuali e intersessuali, le persone con disabilità). A Sochi la discriminazione riguarderà ancora una volta le persone LGBT, ancora una volta è un dovere di tutti impedirla.

Giovedì 23 gennaio alle ore 18.30, ne parleremo al TPO di Bologna con:

Mauro Valeri sociologo e autore del libro “Stare ai giochi. Olimpiadi tra discriminazioni e inclusioni”;

Porpora Marcasciano sociologa e presidente del MIT (Movimento Identità Transessuale);

Lorenzo Longhi giornalista del Corriere dello Sport Stadio, de L'Unità e Sky Sport. 

Il dibattito verrà trasmesso in diretta streaming, con possibilità di interventi in Globalconference, su sportallarovescia.it

Vi anticipiamo alcune storie di discriminazioni olimpiche, di cui si parlerà durante la serata

Zdenka Koubkova (1913), campionessa boema, ai Mondiali femminili del 1934 aveva ottenuto il record del mondo negli 800, specialità esclusa dai Giochi dal 1928. Ad una visita ginecologia si scopre che è un “pseudoermafrodita mascolina”, ovvero è una persona intersessuale. La condanna è severissima: esclusa a vita dalle competizioni sportive (e quindi anche dai Giochi Olimpici), e una sua fotografia nuda finisce in un libro di medicina come caso di studio. Zdenka deciderà poi di sottoporsi ad un’operazione di rassegnazione del sesso, divenendo Zdenek Koudek.

Nel 1938 emerge un caso riguardante una protagonista di Berlino 1936, la tedesca Dora Ratjen, quarta nel salto in alto. Il suo caso però esplode dopo esser diventata campionessa europea di salto in alto con 1,70. Gli viene tolto il titolo e mai restituito. Intersessuale dalla nascita, scelta dei genitori di assegnarle un nome femminile. Solo successivamente sviluppo dei caratteri sessuali maschili, ma lei continuava a vivere come una donna. Poi rassegnazione del sesso, divenendo Hermann.

Nel 1950 c’è invece il caso della velocista olandese Foekje Dilemma che, dopo aver conquistato il record nazionale dei 200, viene sottoposta ad un test di femminilità dalla quale risulta non pienamente donna (ma secondo alcuni si rifiuta di farlo). I Risultati del test non furono mai diffusi. Comunque viene espulsa a vita dalla squadra nazionale di atletica. Il suo record viene immediatamente cancellato, nonostante tutti i parenti confermino che era sempre stata una donna. Casualmente a denunciarla è stata una collega, a cui aveva tolto il record (Fanny Blankers-Koen). La verità arriva nel 2008, dopo la sua morte: una persona a “mosaico”, ma che non aveva organi genitali maschili, e quindi avrebbe potuto correre nelle competizioni femminili.