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Nel periodo storico del decreto Pillon, delle dichiarazioni sessiste sulle donne e il calcio, del maschilismo dilagante dei potenti e della società, assistiamo ad un altro livello di discriminazioni, quello dei regolamenti federali internazionali.

 Il 23 Aprile 2018 l'Associazione Internazionale delle Federazioni di Atletica Leggera (IAAF), l'organizzazione mondiale che si occupa di atletica, ha modificato il suo regolamento stabilendo un limite ai naturali livelli di testosterone delle atlete, con lo scopo di assicurare una leale concorrenza. Un'altra forma di questo regolamento fu proposta dalla IAAF nel 2011, ma sospesa nel 2015 dalla Corte di Arbitrato per lo Sport (CAS), il più alto organismo di giudizio del mondo dello sport, dopo la lunga sfida legale della velocista indiana Dutee Chand.

Entrambi i regolamenti del 2011 e 2018 si basano su un'affermazione della IAAF secondo cui più alti livelli di testosterone naturale forniscono alle atlete un vantaggio sleale rispetto alle coetanee e per questo devono essere regolamentati. Al momento non c'è consenso scientifico che confermi questa dichiarazione.

Nel caso della Chand, la IAAF ha stimato una differenza di prestazione approssimativa dell'1-3% nelle atlete di sesso femminile con più alto livello di testosterone rispetto alle altre atlete, di fronte ad un vantaggio del 10-13% di un atleta maschio rispetto ad un'atleta femmina. Il CAS, esaminato il caso, si è espresso dichiarando l'insufficienza di prove scientifiche che possano dimostrare che questa differenza di prestazioni crei una discriminazione nei confronti delle atlete con normali livelli di testosterone (CAS 2015).

Il dato di fatto è che non esiste un consenso scientifico che dimostri che le donne con un più alto livello di testosterone naturale abbiano risultati migliori nell'ambito sportivo, ma nonostante questo l'Associazione Internazionale delle Federazioni di Atletica Leggera, nascondendosi dietro l'ipotetica necessità di una leale concorrenza, obbliga le atlete ad esami ed interventi medici non solo non necessari per la loro salute, ma potenzialmente dannosi, pena l'esclusione dalle competizioni.

 

UN PO' DI STORIA

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Il "problema" nasce nei primi anni del XX secolo, quando le donne avanzarono la pretesa di poter fare sport a livello agonistico. Da questo momento nacquero due categorie distinte per lo sport, quella maschile e quella femminile, separate per la diversità di prestazioni tra i due sessi.

Con la Seconda Guerra Mondiale e la successiva Guerra Fredda, i risultati sportivi di alcuni stati divennero così importanti a livello politico e nazionale da portare ad imbrogli per vincere, sia nelle categorie maschili che in quelle femminili. Il doping e la cosiddetta frode di genere (far gareggiare uomini nelle categorie femminili) divennero così un problema da regolamentare, con l'introduzione di test sistematici per entrambi a partire dalla fine degli anni '60.

Inizialmente venne richiesto alle atlete di portare un certificato medico per dimostrare la loro capacità di competere e quindi anche il loro sesso femminile, ma negli anni '60 vennero introdotti i cosiddetti "test sessuali" sistematici, standardizzati e "scientifici" perché il semplice certificato del medico personale non venne più ritenuto sufficientemente attendibile.

I primi test sessuali vennero svolti nel Campionato Europeo di Atletica nel 1966 a Budapest: fu richiesto a tutte le atlete di sottoporsi ad un esame visivo dei genitali e delle caratteristiche sessuali secondarie.

Nel 1968, ai Giochi Invernali di Grenoble, il CIO (Comitato Olimpico Internazionale) adottò il test del Barr Body per il controllo della presenza dei cromosomi sessuali X e Y. I critici sottolinearono subito i limiti di questo test, poiché il sesso cromosomico non si riferisce necessariamente al sesso fisiologico o fenotipico1, che sono gli unici tipi di identità sessuale che possono dare un vantaggio sportivo. Inoltre ci sono molte condizioni al limite perché le persone possono nascere con uno solo o tre o più cromosomi sessuali. Nonostante le critiche il test viene utilizzato nei Giochi Olimpici negli anni '70 e '80.

1. Fenotipo: manifestazionefisica di un organismo, determinata dai geni e dai fattori ambientali

A metà degli anni '80 l'ostacolista spagnola Maria-Martinez-Patino, venne squalificata dalle gare dopo un test sulla sua femminilità. I test genetici mostrarono la presenza di cromosomi X e Y e venne definita "maschio", nonostante le sue caratteristiche fisiche fossero a tutti gli effetti quelle di una donna: soffriva di un'insensibilità agli androgeni (intersessualità). Fu espulsa dalla residenza degli atleti, le venne revocata la borsa di studio sportiva, i suoi record furono cancellati e le venne chiesto di fingere un infortunio per non destare scalpore per la sua mancata partecipazione ai campionati nazionali del 1986 e inizialmente così fece. Nei due anni seguenti alla squalifica raccontò la sua storia alla stampa e presentò prove mediche e scientifiche per far sì che il suo caso fosse rivisto. Dopo 3 anni di stop forzato venne reintegrata.

Con il suo incredibile coraggio tentò di cambiare le regole che ipotizzavano vantaggi nelle donne con differenze congenite e fece pressione sul CIO e le altre organizzazioni perché venissero eliminati i test sessuali.

La IAAF fu la prima a rinunciare ai requisiti per le prove sessuali per le competizioni internazionali: nel 1988 abbandonò i test cromosomici, affidandosi solo al controllo visivo del personale sanitario e nel 1992 abbandonò tutti i test sistematici sul sesso. Sostenne non fossero più necessari perché l'approfondito regolamento sul doping richiedeva già un test per l'urina e perché l'abbigliamento sportivo moderno non permetteva più ad un uomo di travestirsi da donna senza essere scoperto.

Il CIO invece introdusse un nuovo test genetico nel 1992, per poi abbandonare tutti i test sessuali e genetici. I Millenium Games di Sydney, nel 2000, sono la prima competizione internazionale in cui la composizione genetica delle atlete non viene esaminata.

I cosiddetti "test sessuali" non riguardano e non hanno mai riguardato gli uomini: non viene definito per loro nessun limite fisiologico, non viene testato nessun vantaggio genetico, ormonale o fisiologico, anche se questi darebbero ad un atleta definibile più "mascolino" un indiscusso vantaggio rispetto ad un maschio "normalmente" atletico. Inoltre esistono probabilmente centinaia di variazioni genetiche che danno vantaggi nello sport, ma solo quelle associate al sesso vengono usate per escludere o squalificare le atlete, sottoponendole alla gogna mediatica.

 

AI GIORNI NOSTRI: COSA PROPONE LA IAAF NEL NUOVO REGOLAMENTO

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Il regolamento si basa sull'affermazione secondo cui la regolazione del testosterone naturale più elevato nelle donne è necessaria per garantire una concorrenza giusta (IAAF 2018a, sezione 1.1a). La IAAF sostiene che lo sport è diviso in categorie sessuali a causa dei vantaggi significativi in termini di risultati, forza e potenza goduti in media dagli uomini rispetto alle donne, in riferimento a livelli di testosterone circolante più elevati (IAAF 2018a, punto 1.1a) .

La IAAF sostiene inoltre che esiste un consenso medico e scientifico sul fatto che le atlete con un testosterone naturalmente alto abbiano un vantaggio rispetto alle loro coetanee, non diversamente dal vantaggio che tipicamente gli uomini hanno sulle donne. Questa affermazione è fortemente contestata nel mondo scientifico, non esiste un accordo su quanto e come il livello di testosterone possa modificare le prestazioni delle atlete (Karkazis and Meyerowitz-Katz 2017; Sönksen et al. 2018) e già nel 2015 il regolamento IAAF fu contestato e poi modificato e il CAS (Corte di Arbitrato per lo Sport) chiese all'Associazione di portare maggiori prove scientifiche. La contestazione riguarda anche l'evidenza per cui le prove fornite dalla IAAF sono state prodotte da ricercatori ad essa collegati, con un evidente conflitto di interessi e un etica certamente discutibile (Kidd 2018).

Le donne sono quindi tenute ad abbassare il loro livello di testosterone per rimanere idonee a competere nelle categorie femminili di Atletica leggera.

A differenza delle prime norme del 2011, quelle del 2018 riguardano solo una parte delle competizioni sportive: 400 m, 400 m ostacoli, 800 m, 1500 m, il miglio e tutti gli eventi combinati di queste distanze. Secondo la IAAF le prove dimostrano che elevati livelli di testosterone danno alle atlete vantaggi maggiori nelle prestazioni dai 400 m al miglio (IAAF 2018c, 1). La soglia arbitraria di testosterone nelle donne atlete deve essere inferiore a 5 nmol/L (Nanomole per litro) perché secondo la IAAF ci sarebbe un chiaro vantaggio in termini di prestazioni nelle atlete con livelli superiori (IAAF 2018c, 5).

Le normative del 2018 rendono esplicita anche la popolazione target a cui applicare le nuove regole. Il Regolamento di ammissibilità per la classificazione femminile (Atleti con differenza di sviluppo sessuale) si applica solo alle donne con un sottogruppo di variazioni intersessuali (chiamate anche differenze di sviluppo sessuale) caratterizzate da livelli più elevati di testosterone naturale e sensibilità agli androgeni (IAAF 2018a, sezione 2.2). Questo porta all'esclusione di altre cause di iperandrogenismo da questo regolamento. In altre parole, mentre diverse diagnosi mediche possono portare ad un più alto testosterone naturale nelle donne, le variazioni intersessuali sono esplicitamente incluse, mentre le diagnosi non intersessuali sono esplicitamente escluse, anche se queste condizioni causano livelli di testosterone nel sangue sopra la normale concentrazione femminile (IAAF 2018a, fn 4). L'effetto di questa esplicitazione è quello di concentrare l'attenzione sulle donne con variazioni intersessuali anche se la causa di un più alto testosterone naturale dovrebbe essere irrilevante.

Secondo questa normativa se una donna non abbassa il suo livello di testosterone entro la soglia arbitraria indicata può competere nella categoria maschile, in una categoria intersessuale o in eventi senza restrizioni. E' necessario sottolineare il fatto che al momento non esiste alcuna categoria intersessuale di competizione e che il competere in una categoria maschile non permetterebbe alle donne con più alto livello di testosterone di ottenere risultati competitivi, oltre all'obbligo di rendere pubblica un'informazione sensibile riguardante il loro stato di salute.

Nonostante la IAAF premetta che "questi regolamenti esistono esclusivamente per assicurare una competizione leale e significativa all'interno della classificazione femminile, a beneficio dell'ampia classe di atleti di sesso femminile. In nessun modo sono intesi come alcun tipo di giudizio o di interrogatorio sul sesso o sull'identità di genere di alcun atleta. Al contrario, la IAAF considera essenziale rispettare e preservare la dignità e la privacy degli atleti con i DSD" (IAAF 2018a, sezione 1.1) le opzioni delle atlete in seguito a questo regolamento risultano dannose, violano la loro dignità di essere umano, minacciando la privacy e legalizzando il sospetto sull'identità di genere e il sesso dell'atleta.

 

COME FUNZIONA LA VALUTAZIONE

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Il regolamento stabilisce che nessuna atleta è obbligata a sottoporsi a qualsiasi valutazione o trattamento, ma se non rispetta le Condizioni di Ammissione non potrà partecipare alle competizioni (IAAF 2018a, punti 2.5, 2.6).

E' possibile stabilire se una variazione intersessuale è causa di un elevato livello di testosterone e valutare la sensibilità agli androgeni solo attraverso indagini mediche specialistiche.

Una clausola del Regolamento conferisce all'autorità medica IAAF il potere incontrollato di indagare su qualsiasi donna ritenga sospetta, in qualsiasi momento (IAAF 2018a, sezione 3.2).

Inoltre, mentre solo il Dirigente Medico IAAF può avviare un'indagine, coloro che possono suggerire preoccupazioni riguardo la condizione di intersessualità sono, oltre all'atleta stessa, il medico della Federazione Nazionale cui l'atleta è affiliata e i risultati degli esami antidoping di routine (IAAF 2018a, sezione 3.3). Le Federazioni nazionali sono obbligate a identificare potenziali atlete per le indagini (IAAF 2018a, sezione 3.1).

A questo punto ci chiediamo quali atlete richiedano una valutazione. Secondo il regolamento della IAAF del 2018 uno dei criteri rilevanti per valutare un'atleta è la sensibilità agli androgeni, che produce un effetto androgenizzante materiale e quindi visibile (IAAF 2018a, sez.2.2), mettendo di fatto in atto una sorveglianza dei corpi delle atlete.

Basarsi sul sospetto come base per le indagini legittima un controllo di tutte le donne atlete istruendo le Federazioni Nazionali così come i medici, i funzionari antidoping e altri funzionari ad esaminarne la femminilità percepita. Questo può includere l'aspetto, l'espressione di genere e la sessualità. Questo tipo di sospetto è indiscutibilmente legato alle aspettative soggettive e culturali riguardanti quale tipo di corpo e quali espressioni di genere siano appropriati, rispetto ad uno standard culturale e tradizionale del corpo e dell'aspetto femminile, mettendo in atto un uso legalizzato degli stereotipi di genere.

La IAAF riconosce un potenziale discriminatorio nel suo regolamento e stabilisce che Non sarà tollerata alcuna stigmatizzazione o discriminazione impropria basata sull'identità dell'organo sessuale, compresa la persecuzione sulla base del fatto che la loro apparenza non è conforme al genere (IAAF 2018a, punto 3.4).

Questo non è chiaramente sufficiente poiché il modo in cui le donne vengono identificate per lo screening di valutazione dipende dalle aspettative soggettive di femminilità. Inoltre, nonostante si affermi che i regolamenti non mettono in discussione il sesso o l'identità di genere di nessuna atleta, le atlete stesse vengono valutate sulla base del sesso e delle caratteristiche di genere.

Quando un'atleta viene selezionata per la valutazione il Responsabile Medico IAAF riunisce un gruppo di esperti, scelti da un pool di medici indipendenti, per esaminare il suo caso (IAAF2018a, sez.3.7).

Inizialmente le atlete vengono sottoposte ad un completo esame endocrino e ad un esame fisico per valutare gli effetti androgenizzanti del testosterone.

Successivamente il gruppo di esperti rivede le informazioni mediche, con la possibilità di ulteriori indagini e opinioni. L'atleta e il suo medico personale devono cooperare e assistere a tale processo (IAAF2018a, par.13). La valutazione include normalmente un approfondimento fisico, di laboratorio (comprese analisi delle urine e del sangue e test genetici appropriati per le mutazioni nei geni coinvolti nelle condizioni in questione), imaging e valutazione psicologica. I risultati tornano quindi al gruppo di esperti, che invia una raccomandazione sull'ammissibilità alle competizioni al direttore medico IAAF, all'atleta e al suo medico.

La valutazione comporta esami dei dettagli più intimi del corpo e della fisiologia di una persona, compresi esami genitali, test cromosomici e imaging di organi sessuali, oltre ad uno studio del comportamento. Com'è già successo in passato le atlete che si sottopongono a questi test potrebbero non essere a conoscenza delle loro variazioni intersessuali. Questo può portare ad una patologizzazione della differenza e a mettere l'atleta in una condizione psicologica di incertezza sul suo senso di sé e sulla sua identità di genere.

Anche a livello economico l'atleta potrebbe avere ingenti difficoltà: la IAAF si occupa a sue spese della valutazione iniziale, della diagnosi e del monitoraggio continuo dei livelli di testosterone. L'atleta, tuttavia, deve pagare il costo del proprio medico personale e di qualsiasi trattamento prescritto per diminuire i livelli di testosterone (IAAF 2018a, punto 3.16).

Le atlete sono costrette per poter gareggiare e sottoporsi ad una valutazione approfondita e invadente, in assenza di un reale bisogno di salute, ma solo per conformarsi ad un regolamento, con una conseguente medicalizzazione del corpo, in assenza di problematiche reali riguardanti il loro stato fisico.

 

QUALI SONO LE REALI OPZIONI DELLE ATLETE

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L'unica opzione di una donna atleta con un alto livello di testosterone per continuare a gareggiare è quella di abbassarne il livello. In questo caso, subirà uno o più interventi non necessari dal punto di vista medico, per conformarsi al regolamento. Il testosterone può essere abbassato chirurgicamente o farmacologicamente, sebbene le normative del 2018 stabiliscano che le modifiche anatomiche chirurgiche non sono richieste in nessuna circostanza (IAAF 2018a, punto 2.5).

L'abbassamento del testosterone può provocare effetti collaterali che riducono il benessere e sono di interesse medico. Quando il livello di testosterone viene diminuito farmacologicamente, gli effetti collaterali possono essere gravi per un atleta, come effetti diuretici che causano sete eccessiva, minzione e squilibri elettrolitici; interruzione del metabolismo dei carboidrati (come intolleranza al glucosio o resistenza all'insulina); mal di testa; fatica; nausea; vampate di calore; e tossicità epatica. (Jordan-Young, Sönksen e Karkazis 2014).

Il consenso dell'atleta in questo caso somiglia molto ad una coercizione, perché per quanto l'atleta non sia costretta ad intervenire per un abbassamento del livello di testosterone, il suo rifiuto porta inevitabilmente alla fine della sua carriera sportiva. Vi è inoltre una deroga che permette alla IAAF di avere pieno accesso alle informazioni mediche personali che il gruppo di esperti ritiene necessarie per la valutazione, comprese informazioni personali sensibili (IAAF 2018a, sezione 3.18). Se l'atleta non fornisce una completa cooperazione o rifiuta di fornire la prova continua della soddisfazione delle condizioni del regolamento può essere esclusa dalle competizioni (IAAF 2018a , punto 3.13).

Se un'atleta si rifiuta di intervenire medicalmente per abbassare il suo livello di testosterone può, a livello teorico, competere con gli uomini o in una fantomatica e inesistente categoria intersessule. Le atlete che devono sottostare a questi regolamenti sono legalmente e socialmente a tutti gli effetti donne. Escluderle dalla categoria femminile può avere gravi conseguenze psicologiche e può portare alla fine della loro carriera sportiva, a cui hanno dedicato la loro intera vita, porta ad una violazione della privacy e mette in discussione l'intera identità dell'atleta.

L'unica altra opzione è quella di contestare il regolamento, creando un caso legale, con enormi costi personali, finanziari, emotivi e psicologici. Contestrae queste regole impone anche all'atleta di divulgare la sua variazione intersessuale, sottoponendosi all'opinione mediatica, in un'epoca in cui le informazioni e i giudizi si muovono con grande velocità e senza un reale controllo.

I nuovi regolamenti IAAF non solo non proteggono la dignità, la privacy e l'equità per tutte le donne atlete, ma violano questi principi e ostacolano la partecipazione delle atlete alle competizioni. Contrariamente a quanto affermato dalle normative relative alla riservatezza e alla mancata divulgazione a terzi, tutte le scelte disponibili per le atlete, diverse dall'abbassamento del testosterone con un intervento medico non necessario o dalla rinuncia definitiva alla loro carriera sportiva, rivelano la variazione intersessuale dell'atleta violandone la privacy e mettendo a rischio la sua salute psicologica.

Le atlete sottoposte a questo regolamento sono costrette a scegliere tra una medicalizzazione non necessaria del loro corpo, con l'utilizzo di farmaci che hanno svariati effetti collaterali e diminuiscono il loro benessere fisico e mentale, l'abbandono della loro carriera sportiva o la contestazione del regolamento, con l'inevitabile violazione della privacy che ne consegue.

L'accesso allo sport per le atlete continua ad essere ostacolato, non solo attraverso l'opinione pubblica, che sminuisce le competenze delle donne che se ne occupano e lo praticano, ma anche in maniera legalizzata attraverso regolamenti internazionali che si basano sugli stereotipi di genere invece che sul consenso scientifico, limitando la vita sportiva e personale di chi deve rispettare le loro norme per gareggiare.

 

 

 

Bibliografia

 

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