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"In un paese in piena guerra fredda, con un governo e una storia di violenza e repressione civile, la vita ricomincia cercacando di dimenticare l'orrore al quale il Messico ha dovuto assistere".

 

È l'anno 1968, quello della grande presentazione del Messico come paese del progresso. Dopo aver vinto la concorrenza con Buenos Aires, Detroit e Lione, le Olimpiadi si sarebbero svolte, finalmente, nella capitale messicana. La loro candidatura era stata vista come una grande sfida: per la prima volta nella storia, una città latinoamericana sarebbe stata responsabile dell'organizzazione dell'evento sportivo più importante al mondo. Era stata organizzata una spettacolare cerimonia di inaugurazione, affidando il compito di portare la torcia olimpica ad una ragazza, l'atleta Enriqueta Basilio. Anche in questo caso, è la prima volta nella storia. Lo sport, da sempre, dalle antiche Olimpiadi dovrebbe svolgere il suo ruolo, di messaggero e di promotore di pace nel mondo. Qui però la situazione è diversa.

Il 1968 è stato un anno significativo, nel mondo si stavano svolgendo varie manifestazioni a favore della difesa dei diritti umani e contro l'oppressione e l’imperialismo. E’ l’anno delle contestazioni studentesche, dell’opposizione alla guerra in Vietnam, delle canzoni di Joan Baez contro la condanna di Sacco e Vanzetti, dei velocisti statunitensi Tommie Smith e John Carlos, primo e terzo nella finale dei 200 metri piani: la testa bassa, i guanti neri, i pugni chiusi alzati al cielo. A decine di metri di distanza, il fotografo John Dominis scattò loro una foto che sarebbe diventata una delle più famose del Novecento, simbolo di un decennio di proteste per i diritti civili dei neri.

 

Per gli studenti messicani, il 68’ è andato ben oltre gli slogan. A partire dal 22 luglio, il movimento divenne una marea grande e potente. Ogni manifestazione diventava ogni volta più numerosa: genitori, amici, vicini accompagnavano i ragazzi nelle piazze, il Paseo de Reforma fu ricoperto da sostenitori felici ed entusiasti.

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"Unete pueblo, Sal al balcon. Viva Mexico. Viva la universidad. Viva el movimento estudiantil”, “Presos políticos LIBERTAD, Soldado No dispares, tu también eres el pueblo”. Gli studenti chiedevano:

  1. Libertà per tutti i prigionieri politici.
  2. L’abrogazione dell'articolo 145 del codice penale federale, che proibiva agli studenti e agli attivisti sociali di svolgere degli incontri e discutere sui problemi politici legati al proprio paese.
  3. Il ritiro immediato dalle strade e dalle piazze del corpo dei granatieri. “Quando tutti i granatieri sapranno leggere e scrivere, Mexico sarà più grande, più prospero e più felice” cantavano gli studenti durante le manifestazioni.
  4. Il licenziamento dei capi di polizia Luis Cueto e Raul Mendiola, rispettivamente il capo e il vicecapo della polizia del DF, i quali avrebbero diversi atriti con gli studenti in varie occasioni.
  5. Il risarcimento dei danni per le vittime di atti repressivi.
  6. La limitazione delle responsabilità dei funzionari coinvolti in atti di violenza contro gli studenti.

I politici si riunirono. Le loro posizioni erano in pericolo, i loro abusi quotidianamente svergognati davanti agli occhi di tutto il mondo. Non avrebbero mai potuto prevedere una mobilitazione del genere e decisero di reagire. Decisero che l’anno che sarebbe dovuto essere quello della consacrazione di una nazione, sarebbe finito per essere ricordato come l’anno del massacro di Tlatelolco.

Alle cinque e mezzo di mercoledì 2 ottobre 1968, 10 giorni prima dell'inaugurazione dei Giochi olimpici, circa diecimila persone si radunarono nella spianata di Plaza de las Tres Culturas per ascoltare gli oratori degli studenti del Council Nacional de Huelga, che dal balcone al terzo piano dell'edificio Chihuahua parlavano alla moltitudine. Studenti, uomini e donne, bambini e anziani, venditori ambulanti, madri con bambini in braccio, passanti che si fermavano per prendere una “boccata d’aria". I ragazzi e le ragazze distribuivano volantini, vendevano giornali e manifesti e, al terzo piano dell'edificio, oltre ai giornalisti che coprivano le fonti nazionali, c'erano corrispondenti e fotografi inviati in Messico da tutto il mondo.

Uno dei leader studenteschi annunciò che la marcia programmata per il Casco de Santo Tomas dell'Istituto Politecnico Nazionale non avrebbe avuto luogo, in vista dello spiegamento di forze dell’ordine e della possibile repressione. Fu in quel momento che si videro dei razzi esplodere nel cielo ed attirare automaticamente lo sguardo dei presenti. Si udirono i primi colpi e le persone iniziarono ad allarmarsi. Un susseguirsi di grida che provenivano dal terzo piano dell'edificio Chihuahua: "Non correte compagni, non correte! Calma!”. Da questo momento in poi, la Plaza de las Tres Culturas si trasformò in un inferno. L’esercito messicano circondò la piazza con blindati e mezzi da guerra e cominciò a caricare e sparare sulla folla. Il panico si diffuse rapidamente e gli scontri durarono fino a notte fonda. Sul selciato della piazza, alla fine, sangue e corpi senza vita. 50 secondo fonti governative, più di 300 secondo gli studenti e i giornalisti internazionali.

Chi c’era ricorda questo giorno come uno spartiacque: ”L’abbiamo visto in televisione, non abbiamo mai pensato che potesse succedere a noi” ripetevamo gli studenti increduli. Non avrebbero mai immaginato che i loro compagni sarebbero morti o che l'esercito messicano li avrebbe tormentati, spogliati o gli avrebbe tagliato i capelli a colpi di baionette.

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Come potremmo dimenticare questo e tanti altri fatti vergognosi della storia del Messico. Un regime che per molti anni ha detenuto il potere assoluto, formato da un Partito di gangster e assassini (PRI), che si è imposto tra gli scandali e che è stato caratterizzato dalla produzione di grandi fortune per i più ricchi, di ingiustizie sociali per i più poveri, di contadini emarginati, affamati e manipolati, di saccheggi, d’espropriazione delle risorse naturali, ecc.  

Da più di 50 anni il sistema PRIANISTA continua la sua attività impunemente: nessuna indagine è stata portata a compimento, al contrario, sono state prodotte delle storie che proteggono gli interessi politici di coloro che sono stati al potere, con la complicità di una stampa corrotta e di mezzi televisivi, radiofonici indegni e pericolosi. Dopo il massacro del 2 ottobre, sono seguiti molti atri atti di brutale repressione contro il popolo messicano, tra i quali il più significativo e doloroso è stato quello contro gli studenti della SCUOLA NORMALE RURALE DI AYOTZINAPA, il 26 settembre 2014. In tutti i casi, il governo ha usato la stessa strategia per eludere la propria responsabilità attraverso i media e falsificando la storia.

Le dichiarazioni di Diaz Ordaz erano:

"Non vorremmo vederci costretti ad adottare misure che non desideriamo, ma che prenderemo se necessario; qualunque cosa sia nostro dovere fare, lo faremo; nella misura in cui siamo obbligati ad arrivare, arriveremo” e in seguito: "Ciò di cui sono più orgoglioso di questi sei anni è il 1968 perché mi ha permesso di servire e salvare il paese".

Gli studenti incarcerati diedero la loro versione nel corso dei due anni seguenti. Questa storia appartiene a loro. È nata dalle loro parole, le loro lotte, i loro errori, il loro dolore e il loro stupore. Certo, compare anche la loro impulsività, la loro ingenuità e la loro fiducia. Soprattutto le madri, che hanno perso figli, fratelli e sorelle per la sola colpa di aver parlato: il dolore è un atto assolutamente solitario, raccontarlo è quasi intollerabile. Lo ricorda una madre che per giorni è rimasta ferma, traumatizzata dal colpo. Si sente come un animale ferito, un animale a cui vengono estratte le viscere. Cacciata a colpi di manganello fuori dal centro della sua vita, la stessa vita a cui oggi associa un grido rauco e lacerato. Un grido spaventato dal male che può fare un essere umano; quell'urlo distorto che spezza tutto, il dolore dell'ultima ferita, quello che non potrà mai guarire: la morte di un figlio.

È di fondamentale importanza ribadire (ad ogni occasione e in modi differenti) chi sono i veri colpevoli. La vera storia è già stata scritta e né i politici né nessuno può cambiarla.

Oggi, lo stesso sistema politico malato è integrato da PAN e PRI, PRD, MOVIMENTO CIUDADANO E IL VERDE ECOLOGISTA. Forze politiche che oltre ad essere diventate complici silenziose di tutti gli abusi contro il popolo messicano, si sono distinte come “il vero nemico dell’educazione pubblica”, che è stata privatizzata a fini propagandistici e speculativi.

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Dal Messico di mezzo secolo fa, rivolgiamo per un istante il pensiero al futuro, a Qatar 2022. Per la prima volta nella storia la FIFA Word Cup sarà organizzata in Medio Oriente. La preparazione di un evento di tale importanza richiede un impegno notevole e grandi responsabilità da parte del paese organizzatore. Si tratta, occorre riconoscerlo, di una prospettiva decisamente complicata che ha già mostrato contraddizioni laceranti, come lo sfruttamento e le morti dei lavoratori coinvolti nella costruzione degli impianti. Proviamo a tradurre questa idea in una fotografia, che ci porta a Sao Paulo, sotto un grattacielo in pieno centro interamente occupato da famiglie di sem teto. Situazioni la cui irrazionalità va di pari passo con la remuneratività politica che garantiscono, dando origine a un particolare “disordine ordinato” fatto di soluzioni extralegali che trasformano le pratiche illegali delle classi dominanti in legge.

 

 Nel nome dell’egemonia politica, della speculazione economica. Nel nome dello show.