Questo webinar è rivolto alle realtà sportive, atleti e seguaci dello sport dilettantistico che sono stati intercettati nel corso della campagna di contronarrazione del progetto “Odiare non è uno sport”.

Contrastare l’odio, nei social network come nello sport, implica una presa di responsabilità, che parte in primis dalla conoscenza del fenomeno e prosegue con una imprescindibile educazione al rispetto delle diversità.

L'odio nei social network e nello sport si interconnettono costantemente; ad accrescere questa tesi basti pensare che nel mondo dello sport perfino “gli odiatori” hanno bisogno dell'avversario.

Dal 7 ottobre 2019 al 6 gennaio 2020 il centro CODER dell’Università di Torino ha monitorato alcuni social network - analizzando 443.567 post su Facebook e 16.991 su Twitter - delle cinque principali testate sportive italiane. Ne è uscito un Barometro che, purtroppo, segnala “alta pressione”.

Il risultato più rilevante della ricerca è che il linguaggio d’odio è una componente strutturale del linguaggio sportivo. Sono quattro le dimensioni dell’odio: linguaggio volgare, aggressività verbale, minacce e discriminazione.

In una rivelazione svolta dall'Università di Milano, nel periodo marzo-settembre 2020, sono stati raccolti 1.304.537 tweet dei quali 565.526 negativi, contenti parole d'odio (il 43% circa vs. 57% positivi). Quello che emerge è una decrescita significativa dei tweet negativi rispetto al totale dei tweet raccolti.

“Fattore determinante nell’analisi di quest’anno è stato lo scatenarsi della pandemia da Covid-19” osserva la ricerca, secondo la quale “ansie, paure, difficoltà si sono affastellate nel vissuto quotidiano delle persone, contribuendo a creare un tessuto endemico di tensione e polarizzazione dei conflitti”.

Anche lo sport viene da un anno epocale: per due mesi abbondanti tra metà maggio e fine luglio è sostanzialmente sparito, tanto al livello professionistico quanto a quello dilettantistico e di base. Ancora oggi lo sport di base e dilettantistico è fermo.

Con gli stadi chiusi l'unico serbatoio in cui riversare l'odio è rimasto l'ambiente social. Di contro, con il blocco dello sport di base e dilettantistico, è ancora fermo quel mondo che oltre all'attività sportiva, porta avanti percorsi educazione e socializzazione che mirano alla lotta contro ogni discriminazione.

Dall’inizio della pandemia la situazione economica e sociale è peggiorata costantemente e il sistema di aiuti messo in piedi dal governo è risultato insufficiente.

Le disuguaglianze già presenti nella nostra società sono aumentate drasticamente, chi era già in una situazione di difficoltà, ora a stento riesce a sopravvivere.

Il mondo dello sport popolare e indipendente si è messo al servizio delle comunità, senza chiedere nulla, spinti dall’urgenza e dalle necessità di singoli e famiglie: una scelta che ha portato fuori dai campi da gioco la necessità di combattere le discriminazioni amplificate dalla pandemia.

Come sarà la “ripartenza”? Tante realtà dello sport dilettantistico avranno tante difficoltà nel portare avanti tutti i progetti di contrasto all’odio e integrazione che hanno da sempre caratterizzato il loro percorso. Quali sono le prospettive? Quali le azioni concrete da sviluppare per continuare con i processi di integrazione?

 

Ospiti: Camilla Previati (ASD Quadrato Meticcio - Padova), Stefano Carbone (Polisportiva San Precario - Padova), Jacopo Mazziotti (St. Ambroeus FC – Milano), Federico Dagoli (Atletico No Borders – Fabriano), 

Discussant: Teresa Carraro (Criminal Bullets - Roller Derby Padova), Marco Proto (RFC Ska Lions Caserta), Enzo Ardilio (Briganti Librino Catania) 

Conduce e modera: Davide Drago (Sportallarovescia)

 

Per iscriversi e partecipare: https://us02web.zoom.us/meeting/register/tZMocuqqqTgrE9Lz0XSJne9_ZjO5vYDLCWWl

Evento Facebook: https://www.facebook.com/events/433767691161033

 

Odiare non è uno sport è un progetto realizzato con il contributo della Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AID 011797).