Lo scorso fine settimana la coppa di Svezia dello sci di fondo è andata in scena a Falun con un doppio appuntamento, una gara di 10 km in tecnica libera ed una di 15 km in tecnica classica con una novità: stesse distanze e stesse formule sia per le donne che per gli uomini.

Un fatto inedito per lo sci di fondo che ancora oggi, inspiegabilmente, prevede una differenza di distanze tra uomini e donne. I maschi gareggiano sui 15 km, le femmine sui 10 km, lo Skiathlon maschile è 15+15 km mentre quello femminile è 7,5+7,5 km, la staffetta femminile 4x5 Km anziché 4x10 Km come per i colleghi maschi, la “maratona” per gli uomini è sui 50 km, mentre si ferma a 30 km per le donne.

L’occasione della tappa di Falun ha dato modo a diverse atlete di esprimersi sulla questione e per la prima volta il tema della parità di genere sulle distanze del fondo ha avuto un notevole impatto mediatico in Svezia, un paese che per quanto riguarda l’uguaglianza ha ben poco da invidiare al resto del mondo.

A scatenare la bagarre sono state due giovanissime, Frida Karlsson e Linn Svahn, che mal sopportando l’evidente discriminazione, hanno rotto gli indugi e lanciato un appello chiaro approfittando dell'attenzione dei media svedesi: parificare le distanze tra uomini e donne anche nelle competizioni internazionali come mondiali e olimpiadi.

Frida Karlsson, classe 1999, un bronzo e due argenti agli ultimi mondiali di Oberstorf 2021, dichiara di trovare piuttosto offensivo che i colleghi maschi gareggino su distanze più lunghe. Linn Svahn, coetanea della Karlsson, auspica un veloce cambiamento e fa notare come nel calcio i 90 minuti siano uguali per tutti, definendo questa faccenda nello sci di fondo una “tradizione conservatrice”.

La “senatrice” e plurimedagliata mondiale ed olimpica Charlotte Kalla sta dalla parte delle compagne più giovani e plaude al fatto che abbiano sollevato questo problema.

L’appello delle giovani atlete svedesi ha generato una vasta eco ed infiammato il dibattito dentro e fuori il paese, incassando pareri positivi tra ex atleti e atlete loro connazionali, ora importanti dirigenti FIS come Vegard Ulvang e Niklas Jonsson.

Positivo anche il parere del commissario tecnico della nazionale svedese Anders Byström, che oltre a sostenere le proprie atlete auspica che più nazioni spingano affinché la FIS metta la questione sul tavolo al più presto.

Pare insomma che questo appello per l’uguaglianza sia arrivato forte e chiaro ai piani alti della FIS e che i tempi siano più che maturi per arrivare a decisioni importanti.

La speranza è che questo eventuale passo possa fungere da esempio per altri sport e da apripista per quanto riguarda altri aspetti rilevanti: un maggior equilibrio sugli spazi televisivi (le gare internazionali femminili sono solitamente relegate ad orari più difficili da seguire), la parificazione di investimenti nelle categorie giovanili e l’uguaglianza di diritti e di compensi.