C'è un clima di totale sfiducia da parte dei tifosi, in generale. A Genova poi, dove sono abituati a vedere la squadra lasciarsi andare ogni fine campionato. E il tifoso si accorge, sa che non sempre le cose sono andate come avrebbero dovuto. Di partite chiacchierate sul conto del Genoa, per via della vicenda scommesse, ce ne sono tante. E possono succedere cose come queste”.

 

Le parole sono di Carlo Balestri, Responsabile UISP Emilia Romagna, trai i fondatori e coordinatore dei Mondiali Antirazzisti (Progetto Ultrà).

Che rincara: “Inoltre è l'ennesima prova del totale fallimento delle politiche repressive applicate in questi anni. Dalla tessera del tifoso in poi. Tutto sbagliato. Ieri a Genova ne è stata una riprova, se ancora ce ne doveva essere bisogno”.

Le politiche repressive. Che non funzionano negli stadi, mentre nelle strade, poi invece vengono applicate bene nel caso di manifestazioni. Puntualmente e senza freni inibitori, mi verrebbe da dire.

Già, Genova. E' una così bella città. Ma succedono sempre un sacco di cose, in quel bel posto davanti al mare. Quasi sempre memorabili. Spiacevolmente, memorabili.

Ma è inutile tornarci su.

In realtà di tutto quello di cui stiamo per parlare, ci siamo già occupati. Repressione, tessera del tifoso, scommesse, ecc.. E solo un nuovo episodio della saga.

Andando quindi alla sostanza, quello che rimane sempre più evidente, è che il mondo del calcio in toto è completamente slegato dalla realtà. E' un mondo a parte. E' una zona franca, spesso grigia, dove si addensa tutto il peggio che ci può stare, in certi casi. Dallo spettacolo indecoroso al quale si è assistito ieri a Marassi, al qualunquismo becero di certi salotti tv. E non voglio neppure stare qui a fare la retorica del Wolverhampton. Quello che appare evidente più di tutto è che, a Marassi, domenica scorsa, non è andato in black out il sistema. Al contrario. L'ingranaggio non ha trovato intoppi nel suo roteare su se stesso. Affatto. Tutto è andato come doveva accadere.

Tutto molto burlesque, verrebbe da dire. La polizia che non può fare nulla, un'immagine che fa quasi tenerezza. Gli stewart che non possono che aprire i cancelli; il delirio di onnipotenza di chi sa di avere gioco facile.

E infatti.. E per fortuna che non c'era Ivan, altrimenti altro che scambi di convenevoli.

E qui arriviamo al capitolo maglie. Che è l'unica vera e propria novità del caso. Come ho scritto qualche giorno fa, anche i tifosi del Padova hanno contestato apertamente i giocatori biancoscudati, e li hanno invitati a togliersi la maglia; ma non è che sono stati assecondati. Subire sei palloni in casa (contro il Pescara di Zeman) fa male.

Ma fa parte del gioco, verrebbe da dire.

Poi è successo un po' di trambusto anche li, ma appunto, tutto nella norma. O nella non norma, fate voi.

I giocatori del Genoa, impauriti – dirà il loro presidente, Preziosi – si sono visti costretti a questo gesto. Costretti? E perché? Cosa li ha così spaventati? Questa è una domanda da porsi, secondo me. Solo la paura di essere aggrediti? Sicuri? Visto i tempi che corrono.. E poi, la Curva del Genoa, nel panorama italiano è un po' anomala. Non è che ha un capo solo, unico e distinguibile. Sono tanti i gruppi che assiepano la Gradinata Nord.

Altra notazione. Si è parlato tanto del comportamento di Sculli, e sinceramente anche qui risparmio la retorica del nipote del boss. E invece sottolinerei il comportamento di Frey che ha cercato in tutti i modi di spiegare perchè non se la sarebbe tolta la maglia, anche se alla fine.. Bene. Per tutti gli altri, una sintesi perfetta sta nel titolo di un libro di Carlo Petrini: “Senza maglia e senza bandiera”.

Dimenticavo. Tralascio anche la retorica su Preziosi che invoca la legalità. La tentazione di fare facile ironia sarebbe tanta, ma “restiamo umani”.