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di Teo Molin Fop

 

Il 27 Settembre 2018 l'U.S.D. Centro Storico Lebowski è diventato una società cooperativa sportiva dilettantistica per azioni. Da come si legge sul sito di questo club di calcio popolare di Firenze, “possiamo dire che grazie allo strumento cooperativo adesso il Lebowski è davvero una proprietà collettiva dei suoi tifosi, indifferente a ogni tentativo di scalata, di accentramento, a ogni invadenza del mercato.”

Per capire meglio in cosa consiste questo passaggio abbiamo intervistato Lorenzo Giudici, uno dei soci fondatori del club grigionero.

Puoi raccontarci in sintesi come è nata l'esperienza del Centro Sportivo Lebowski?

Nel 2004 eravamo un gruppo di amici che decise di seguire le sorti di una squadra di terza categoria fiorentina, l'A.C. Lebowski, che aveva la particolarità di perdere tutte le partite. Un po' per scherzo cominciammo ad andare a vedere le partite ed organizzare il tifo con bandiere, striscioni e cori. C'era chi andava in Fiesole a vedere la Fiorentina e si ricreava quell'atmosfera che si stava perdendo negli stadi a seguito delle trasformazioni che stavano attraversando le curve e il calcio in generale. Piano piano il gruppo di persone si ingrandiva sempre di più. Possiamo dire che a differenza di molte altre esperienze di calcio popolare nate negli anni seguenti, noi nasciamo da un gruppo ultras con militanza in curva.

Nel luglio del 2010 si decise di fare un passo ulteriore e quindi da ultras diventammo fondatori di una nuova società, l'U.S.D. Centro Storico Lebowski. In questo modo, tra le altre cose, è stato possibile avviare una battaglia contro la repressione tesserando come giocatori chi di noi aveva preso una diffida, avendo quindi così la possibilità di venire alla partita.

 

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Qual è stata l'idea alla base della fondazione del Centro Storico Lebowski?

L'idea di base era quella di creare una società sportiva che rappresentasse il nostro modo di intendere il calcio e i valori dei tifosi. Il club deve rispecchiare un'idea di prossimità, si deve creare un certo rituale e legame con la squadra. Abbiamo subito costruito un'assemblea orizzontale, da cui poi partiva la suddivisione dei compiti gestionali. Inoltre i giocatori sono anch'essi sono soci del club. In questi anni abbiamo atto una profonda riflessione sull'associazionismo sportivo di base. Una volta anche il calcio dilettantistico riempiva gli stadi, perchè ogni club era un punto di riferimento importante per il territorio, ma nel corso degli ultimi anni questa cosa si è persa.

 

Quali sono secondo te le motivazioni?

Una volta l'associazionismo sportivo era veramente partecipato, si basava su momenti di socialità come le sagre e sull'autofinanziamento. Col tempo però questo modello è stato schiacciato da due modelli di finanziamento. Il primo è il “mecenatismo”, che rispecchia su scala dilettantistica il modello societario dei club professionistici, legati alla figura di un presidente padrone. A livello locale può essere un'azienda o un imprenditore, che per varie motivazioni ha l'interesse a sponsorizzare e a finanziare la squadra del paese. Alla lunga questo modello ha creato una diminuzione del senso di appartenenza da parte della comunità e di conseguenza anche della volontà di andare allo stadio. Il secondo modello è che i club diventano delle piccole miniere elettorali. Si sviluppano delle forme di clientelismo da parte dei partiti politici attraverso, ad esempio, la concessione della gestione degli impianti sportivi oppure il pagamento delle bollette. Con i tagli agli enti locali da una parte e con la crisi economica che negli ultimi anni ha ridotto drasticamente le sponsorizzazioni, questo modello sviluppatosi negli anni '90 è entrato fortemente in crisi e ha prodotto una perdita di identificazione e sempre maggiori difficoltà di sostenibilità economica per i club dilettantistici. Questo ha prodotto la sparizione di molte squadre. Bisogna ripensare un modello di sostenibilità economica. Un progetto per essere sostenibile deve essere radicato sul territorio. Se il club è utile alla vita della comunità, la comunità partecipa e risponde in varie forme: riempiendo lo stadio, sostenendo economicamente oppure sotto forma di volontariato.

 

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Perchè avete scelto la forma della società cooperativa sportiva dilettantistica per azioni?

In una normale associazione sportiva dilettantistica il presidente risponde illimitatamente su tutte le questione. C'è un forte accentramento di responsabilità, soprattutto decisionali, a maggior ragione se poi è il finanziatore della squadra. Attraverso una cooperativa invece il club è di proprietà dei soci, quindi non è scalabile, perchè si basa sul principio “una testa un voto” indipendentemente da quante azioni si possiedono. Ci siamo ispirati alle cooperative di consumo. Nel nostro caso lo scopo mutualistico è quello di mettersi assieme per permettere la partecipazione sportiva, sia dei tifosi che degli atleti, alle migliori condizioni possibili. Ad esempio la nostra scuola calcio è gratuita, perchè abbiamo l'ambizione attraverso la cooperativa di finanziare l'accesso allo sport libero per i bambini e le bambine del territorio in maniera incondizionata. In questo modo superiamo la condizione di precarietà, che stanno vivendo molte società sportive, sia perchè un club dovrebbe investire nel suo progetto sportivo non un euro in più di quanto la mobilitazione del territorio a suo sostegno gli permette, sia perchè in questo modo si riesce a dare sicurezza e solidità e quindi si ha la possibilità di darsi una progettualità e una programmazione. La creazione della cooperativa è la traduzione giuridica e formale di un percorso iniziato 8 anni fa, che sta dando risultati positivi sia da un punto di vista di crescita di seguito e partecipazione sia dal punto di vista del numero di squadre.

 

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Ci puoi elencare i vostri progetti?

La prima squadra ha iniziato dalla Terza Categoria e quest'anno gioca in Promozione. Abbiamo poi due squadre amatoriali, una squadra di calcio femminile (ora iscritta al campionato Figc di Promozione ) un settore giovanile e una scuola calcio mista (maschile e femminile) con 148 iscritti. Abbiamo creato una scuola calcio “di strada” in centro a Firenze in un giardino pubblico, su cui era in atto un contenzioso e una vertenza per fermare una speculazione immobiliare. Tutte le nostre squadre giocano in casa nell'impianto che abbiamo in cogestione a Tavarnuzze (Fi). Avere un “proprio” impianto è fondamentale per il nostro progetto, perchè lo stadio diventa un luogo di aggregazione, dove poter organizzare la sagra, eventi musicali e sviluppare la vita di comunità e delle partnership con le associazioni locali.

Un club è popolare se attiva meccanismi di massa di partecipazione ed aumenta il capitale sociale del territorio dal punto di vista sportivo, educativo e formativo. Ciò lo puoi constatare dal fatto che le famiglie del quartiere portano il proprio figlio a giocare nella scuola calcio, lo vedi dal fatto che domenica per una partita di Promozione c'erano 450 spettatori o dal fatto che in poco più di un mese sono diventati soci del CS Lebowski società cooperativa 416 persone.

 

Chi volesse diventare socio, può trovare tutte le informazioni a questo link:

http://www.cslebowski.it/soci-cooperativa/

 

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