È sempre così. Il nocciolo del problema nel mondo dello sport non cambia mai. Il maggior oggetto di integrazione ed educazione a livello fisico e sociale finisce per essere strumentalizzato e fungere quindi da ponte per ottenere altri fini.

Senza alcun dubbio uno di questi fini è il potere politico e sociale che si può ottenere grazie alla vittoria di un ingente numero di atleti della propria federazione nazionale in competizioni di larghissima visibilità come i giochi olimpici.

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L'inizio del '900 è un periodo di complesso per le donne, che sono ancora relegate alla vita familiare e costrette nei loro abiti pesanti e coprenti. Hanno però appena iniziato una delle prime battaglie per la conquista dei diritti: le Suffragette chiedono il diritto di voto, a partire dalla Gran Bretagna, per poi espandersi nel resto dell'Europa.

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Il matrimonio tra sport e politica non ha mai funzionato, questo si sa. La storia ce lo ha detto ormai fin troppe volte, e se è vero che dalla storia si imparano gli errori, allora questa affermazione dovrebbe essere ben chiara a tutti da molto tempo.

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Proclamato in Grecia lo sciopero degli arbitri

di Teo Molin Fop

Per tutti i nostalgici del “moviolone” e delle interminabili litigate tra Maurizio Mosca e gli ospiti del “Processo del Lunedì” di Biscardi consiglio vivamente di seguire il campionato greco. Molti si ricorderanno l'episodio “folkloristico” che vide protagonista il presidente del Paok, l'oligarca Ivan Savvidis, che entrò in campo con una pistola per protestare con l'arbitro per un gol annullato durante la partita con l'AEK Atene nel marzo 2018. Allora il governo sospese il campionato. Questa volta però a fermare il campionato sarà lo sciopero degli arbitri deciso per le partite della 18° giornata che si dovrebbe giocare il weekend dell'11 e 12 Gennaio.

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Spesso non ci si pensa, ma dietro a quello che da molti è considerato lo sport più bello del mondo, il calcio naturalmente, si cela un'oscura malattia. Un morbo che attanaglia la gola dello spirito sportivo, spesso sopraffacendolo, in favore del lato più sinistro e tetro della medaglia, quello delle scommesse, del denaro, dell'estrema esposizione mediatica, del ricatto e della violenza.

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“Sport Femminile. Finalmente la svolta. Da oggi le atlete donne diventano ufficialmente sportive professioniste anche sotto l’aspetto contrattuale” - GAZZETTA DELLO SPORT

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Samia Yusuf Omar, nasce a Mogadiscio il 30 aprile del 1991, anno in cui il presidente Siad Barre viene destituito dal movimento di liberazione somalo, nel pieno della guerra civile. Il padre, Omar Yusuf, viene ucciso da un colpo di pistola mentre è a lavoro al mercato di Bakara e il mese dopo Samia, la più piccola di sei figli, abbandona la scuola per occuparsi dei fratelli, perché la madre deve iniziare a lavorare per mantenere la famiglia.

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Lo sport, in quanto espressione dello Spirito olimpico, quello spirito descritto sulla Carta Olimpica del 1908 votato al fair play, al rispetto per l'avversario e per la competizione stessa, alla giustizia sportiva, all'onestà e al miglioramento personale, è qualcosa che noi tutti amanti del tema adoriamo e ricerchiamo. Quello che invece non vorremmo mai vedere è l'altra faccia dello sport, quella oscura che ha interessi d'altro genere, quella che rovina tutta la bellezza che una competizione sportiva, qualunque essa sia, è in grado di offrire.

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Sport e razzismo, un pessimo binomio che continua a far parlare di sé, a riempire le pagine dei giornali e occupare gli spazi dei notiziari sportivi.

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Quante volte ci siamo sentiti dire dalle persone o dalle televisioni “il talento non basta!”. Questa frase senza dubbio racchiude in sè stessa molteplici periodi subordinati possibili, come ad esempio sottintendere che è necessario dover faticare, oppure che a volte occorre anche fortuna, o ancora, che serve tenacia e perseveranza. Per l'ex calciatore Alì Dia, però, questa affermazione ha preso un significato del tutto diverso, ovvero: se il talento non basta, cambiamo le regole.

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di Nicola Sbetti

Il 25 novembre 2019, allo stadio Fratelli Campari di Bagnolo in Piano (provincia di Reggio Emilia) nel corso della partita fra la Bagnolese e l’Agazzanese, valida per il campionato di Eccellenza, al 27° minuto del primo tempo di gioco Omar Daffe, il portiere della squadra ospite, viene ripetutamente insultato con degli epiteti razzisti da uno spettatore. Invece di sopportare in silenzio come troppe volte ha fatto in passato, Omar Daffe decide che la misura è colma. Abbandona la propria porta e si reca verso la metà del campo all’altezza della linea laterale. Lì getta i guanti a terra e sconfortato abbandona il terreno di gioco.

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Ci sono successi che, più di altri, rimarranno per sempre indelebili nelle menti e nei cuori di un popolo, spesso di un continente e in alcuni casi dell'intero mondo sportivo. Si tratta di momenti rari, spesso unici. Momenti che, mentre li stai vivendo, sai che con grandissima probabilità non si ripeteranno più nell'arco della tua vita.

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